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Stanley Kubrick, maestro

Creato il 06 novembre 2013 da Fidelio

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Il lato positivo di quando si scriveva ancora con carta e penna era che la maledizione della pagina bianca la distraevi con gli elefanti rosa. Esatto. Elefanti. Rosa. Se non ti veniva in mente qualcosa di buono da buttar giù, finivi col scarabocchiare creature zoomorfe strafatte di metanfetamine appese a qualche ricordo sfocato dell’età evolutiva, e male che andava il foglio finiva attaccato sul frigo sotto il magnete di Roccella Ionica. Il fatto è che ora se vuoi ingannare la frustrazione, Word ti fa il gesto dell’ombrello mandando in campo il suo uomo migliore: l’infame trattino verticale intermittente. È tutto un battere e levare insolente che nel linguaggio dei trattini vuol dire senz’altro: “Beh? Stai ancora così, mezza sega?” e vedi ovunque sulla barra di accesso rapido ghigni sadici e cospirazioni anti-ispirazione manco fossi quello schizzato paranoico di Russell Crowe in quel film dove fa lo schizzato paranoico.

Tutta questa premessa era solo per dire che io volevo scrivere di Stanley Kubrick, ma poi penso che ci sono degli uomini e delle donne di cui non si può parlare con leggerezza né ammettere per loro quel rifugio di banalità compatibili – per definizione – con altre esperienze o risultati. Per quegli uomini e quelle donne non è sufficiente l’elogio o l’ennesima consacrazione pubblica perché il loro contributo principale sta soprattutto nella formazione individuale di ognuno, come (presunto) addetto ai lavori, appassionato o essere umano e questa  è una roba troppo intima da poter spiegare. Perciò il mio omaggio a Kubrick resta il nome di questo blog, che è una cosa piccola ma buona, come togliersi il cappello davanti a qualcuno che conta e a cui in un certo senso si vuol bene.

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MATTHEW MODINE (attore, protagonista di Full Metal Jacket): Un giorno gli dissi: “Ho una barzelletta per te. Tu muori e…” “Non è divertente”, rispose. “Lascia che te la racconti. Dunque, anche Steven Spielberg muore.” “Steven muore? Questa sì che è divertente.” “Tu muori e vai in Paradiso. Anche Steven Spielberg è appena morto e viene accolto dall’Arcangelo Gabriele che gli dice: “Dio ha apprezzato moltissimo i tuoi film e vuole esser certo che ti troverai bene qui da noi. Per qualsiasi cosa tu abbia bisogno, chiamami pure.” E Steven: “Vedi, mi sarebbe tanto piaciuto incontrare Stanley Kubrick. Pensi di poterlo fare?” Gabriele lo guarda e fa: “Ma Steven, con tutte le cose che potevi chiedermi, perché proprio questa? Lo sai che Stanley odia i meeting.” “Ma tu mi avevi detto che per qualsiasi cosa…” “Mi dispiace davvero, ma questo non mi è possibile.” Così, Gabriele lo accompagna in giro per il Paradiso e a un certo punto Steven vede un tizio con la barba che se ne va in giro in bicicletta e con la divisa militare. Allora Steven dice a Gabriele: “Mio Dio, guarda, quello è Stanley Kubrick! Possiamo salutarlo?” Gabriele prende da parte Steven e gli dice: “Quello non è Stanley Kubrick; è Dio e crede di essere Stanley Kubrick…”. A Stanley questa barzelletta piaceva moltissimo.

PAUL MAZURSKY (regista, attore in Fear and Desire): Era talmente deciso a ottenere ciò che voleva… I soldi che lo zio aveva investito in Fear and Desire erano finiti, così partimmo in auto dalle San Gabriel Mountains, dove giravamo, per andare da zio Martin. Guidava Stanley, Frank Silvera ed io stavamo dietro. Ci volevano altri cinquemila dollari per finire il film. “Avrò quei soldi, non importa come. Potete starne certi”, disse, quindi sputò sull’interno del parabrezza. Non lo dimenticherò mai. E i soldi arrivarono.

CHRISTIANE KUBRICK: Vedeva sempre un sacco di film. Gli piacevano Ingmar Bergman, Woody Allen e diversi film spagnoli, italiani e giapponesi. Si vantava di odiare certe pellicole. “E’ la peggiore che abbia mai visto”, ma poi continuava a guardarla.

SYDNEY POLLACK: Dicono che aveva parecchie fobie, che non voleva viaggiare. La verità è che ha vissuto in un paradiso e non c’era ragione perché si muovesse. Quello era il suo Eden.

[Fonte: Archivio Kubrick]


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