"Stanno tutti bene", attualmente in sala, è il remake di un film, stesso titolo, che Giuseppe Tornatore realizzò 21 anni fa. Ieri c'era Marcello Mastroianni, oggi Robert De Niro. La storia rimane fondamentalmente la stessa. Il protagonista è un vedovo in pensione con i figli sparsi per varie città negli Stati Uniti. Li andrà a trovare uno a uno, scoprendo verità sulle loro esistenze che non avrebbe mai immaginato. Il remake rimane abbastanza fedele all'originale: l'idea del viaggio itinerante alla ricerca dei figli è molto bella. Tornatore ci "andò giù in modo più pesante". Il regista siciliano alternava i vari momenti dell'itinerario ad una visione onirica che vagamente ricalcava l'immaginario felliniano. Mastroianni, poi, era commovente. Qui si "sogna" di meno, invece, si bada soprattutto ai fatti. Lo stile è più asciutto, più "americano". Ci sono però scelte narrative poetiche come il riferimento ai cavi del telefono: De Niro rivestiva, durante la sua vita lavorativa, i cavi stessi , la comunicazione tra i ragazzi passa attraverso quei cavi, il padre che non sa comunicare con i figli, ecc ecc. De Niro dà una grande prova, un'ennesima conferma del suo talento. E lo fa con uno stile proprio, senza provare a rifarsi all'ingombrante e malinconico precedente.Il racconto, però, di Tornatore oltre a scavare nei meandri delle dinamiche familiari, trasportava il pubblico anche in un viaggio nell'Italia dell'epoca. Ogni città un figlio, ogni città un carattere, un'identità. Tra le righe anche una polemica sulla società di quegli anni (l'immagine del bébé assorto davanti alla tv....). Nella versione americana questo aspetto manca e il regista si concentra soprattutto sul rapporto genitore-prole.Inevitabilmente commovente.
"Stanno tutti bene", attualmente in sala, è il remake di un film, stesso titolo, che Giuseppe Tornatore realizzò 21 anni fa. Ieri c'era Marcello Mastroianni, oggi Robert De Niro. La storia rimane fondamentalmente la stessa. Il protagonista è un vedovo in pensione con i figli sparsi per varie città negli Stati Uniti. Li andrà a trovare uno a uno, scoprendo verità sulle loro esistenze che non avrebbe mai immaginato. Il remake rimane abbastanza fedele all'originale: l'idea del viaggio itinerante alla ricerca dei figli è molto bella. Tornatore ci "andò giù in modo più pesante". Il regista siciliano alternava i vari momenti dell'itinerario ad una visione onirica che vagamente ricalcava l'immaginario felliniano. Mastroianni, poi, era commovente. Qui si "sogna" di meno, invece, si bada soprattutto ai fatti. Lo stile è più asciutto, più "americano". Ci sono però scelte narrative poetiche come il riferimento ai cavi del telefono: De Niro rivestiva, durante la sua vita lavorativa, i cavi stessi , la comunicazione tra i ragazzi passa attraverso quei cavi, il padre che non sa comunicare con i figli, ecc ecc. De Niro dà una grande prova, un'ennesima conferma del suo talento. E lo fa con uno stile proprio, senza provare a rifarsi all'ingombrante e malinconico precedente.Il racconto, però, di Tornatore oltre a scavare nei meandri delle dinamiche familiari, trasportava il pubblico anche in un viaggio nell'Italia dell'epoca. Ogni città un figlio, ogni città un carattere, un'identità. Tra le righe anche una polemica sulla società di quegli anni (l'immagine del bébé assorto davanti alla tv....). Nella versione americana questo aspetto manca e il regista si concentra soprattutto sul rapporto genitore-prole.Inevitabilmente commovente.
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