Stardust portò sulla Terra sette rare microscopiche particelle di polvere interstellare

Creato il 15 agosto 2014 da Aliveuniverseimages @aliveuniverseim

Pubblicato Venerdì, 15 Agosto 2014 09:01
Scritto da Elisabetta Bonora

Credit: Andrew Westphal, UC Berkeley

La missione della NASA Stardust, che nel 2006 riportò sulla Terra la capsula contenente i campioni delle polveri dalla cometa Wild 2, a distanza di diversi anni ancora fa notizia.
Analizzando il materiale raccolto, i ricercatori avrebbero scoperto sette rare microscopiche particelle di polvere interstellare che potrebbero avere origine dall'esplosione di una supernova avvenuta milioni di anni fa, alterate dall'esposizione all'ambiente spaziale estremo.

"Questa polvere è relativamente nuova, dal momento che la durata della polvere interstellare è di soli 50 - 100 milioni di anni, quindi stiamo parlando della nostra galassia contemporanea", ha detto Anna Butterworth, fisico presso l'University of California, a Berkeley.

La scoperta, però, deve essere valutata con cautela ed ulteriori test dovranno essere eseguiti prima di poter affermare con certezza che questi residui provengono realmente dallo spazio interstellare.

Lo studio è stato pubblicato oggi, 15 agosto, sulla rivista Science.

Evidence for interstellar origin of seven dust particles collected by the Stardust spacecraft [abstract]

Seven particles captured by the Stardust Interstellar Dust Collector and returned to Earth for laboratory analysis have features consistent with an origin in the contemporary interstellar dust stream. More than 50 spacecraft debris particles were also identified. The interstellar dust candidates are readily distinguished from debris impacts on the basis of elemental composition and/or impact trajectory. The seven candidate interstellar particles are diverse in elemental composition, crystal structure, and size. The presence of crystalline grains and multiple iron-bearing phases, including sulfide, in some particles indicates that individual interstellar particles diverge from any one representative model of interstellar dust inferred from astronomical observations and theory.

"Questi sono gli oggetti più difficili da avere in laboratorio per uno studio, il nostro è un trionfo", ha dichiarato Michael Zolensky, curatore del laboratorio Stardust della NASA presso il Johnson Space center di Houston e co-autore del documento.

Stardust è stata lanciata nel 1999 e la capsula contenente i campioni è tornata sulla Terra il 15 gennaio 2006 nel deserto dello Utah.

Da allora, il Stardust Sample Return Canister fu trasportato e impiantato presso il Johnson Space Center per analisi successive.

All'interno del contenitore, un vassoio, grande come una racchetta da tennis, aveva catturato le particelle della cometa Wild 2 durante il flyby del 2004, in un aerogel di silicio, una struttura spugnosa e porosa formata per il 99.9% del suo volume da vuoto.
Sul lato opposto del vassoio, la sonda aveva raccolto, invece, le particelle di polvere interstellare catturate durante i suoi sette anni di viaggio e i quasi 5 miliardi di chilometri percorsi.

Le particelle individuate appaiono molto diversificate in termini di composizione chimica. Quelle più piccole si differenziano notevolmente da quelle più grandi e sembrano avere storie differenti.
Molte delle particelle di dimensioni maggiori sono state descritte come strutture soffici, simile a un fiocco di neve.

"Il fatto che le due particelle più grandi e soffici sono di materiale cristallino, silicati di magnesio e ferro [in verde, nell'immagine a destra], chiamato olivina [in rosa], può implicare che queste particelle provengono dai dischi intorno ad altre stelle modificate nel mezzo interstellare", spiega Andrew Westphal, fisico all'University of California, a Berkeley, autore principale della ricerca.

Due particelle, ciascuna di soli due micron di diametro, sono state isolate quando le loro tracce sono state scoperte da un gruppo di scienziati volontari, chiamati "Dusters", che si occupano di visionare milioni e milioni di immagini per l'University of California, Berkeley, aderendo al progetto Stardust@home, uno dei primi di citizen science lanciati dalla NASA. 

Una terza traccia, in direzione del vento interstellare, è stata lasciata da una particella che a quanto pare si muoveva così velocemente, più di 15 chilometri al secondo, da vaporizzare.

Ulteriori 100 tracce, ancora da analizzare, sono state trovate dai Dusters e solo 77 dei 132 pannelli di aerogel sono stati visionati fino ad oggi.
Il team ha identificato anche altre 29 particelle provenienti dai collettori del veicolo spaziale.

Westphal si aspetta di trovare non più di una dozzina di particelle di polvere interstellare in tutto, un milionesimo della quantità del materiale cometario raccolto da Stardust.

Particella Sorok appena visibile come una sottile linea nera in questa sezione di aerogel in alto a destra.
Credit: Westphal et al. 2014, Science / AAAS

Quattro delle particelle segnalate nello studio sono state trovate nei fogli di alluminio tra le piastrelle sul vassoio. Anche se questi fogli non sono stati originariamente progettati come superfici di raccolta, un team internazionale guidato dal fisico Rhonda Stroud del Naval Research Laboratory ha cercato tra le lamine, identificando quattro punti rivestiti da un materiale avente un profilo compatibile con quello delle particelle di polvere interstellare.

La scansione al microscopio elettronico dell’impatto di uno dei grani intestellari, il cratere è di circa 280 nanomillimetri. Il residuo di polvere interstellare è visibile come “terreno” irregolare all’interno del cratere.
Crediti: Rhonda Stroud, Naval Research Laboratory

Tre di queste quattro particelle, con pochi decimi di micron di diametro, contengono composti di zolfo che, alcuni astronomi, però, ritengono non appartenga alla polvere interstellare.

Ora, il team continuerà ad analizzare il restante 95 per cento delle pellicole sperando di trovare un numero sufficiente di particelle tale da confermare o smentire i risultati.

Supernove, giganti rosse e altre stelle producono polvere interstellare e generano elementi pesanti come il carbonio, l'azoto e l'ossigeno necessario per la vita.
Due particelle, chiamate Orion (a sinistra) e Hylabrook (in alto a destra), saranno sottoposti ad ulteriori test per determinare le quantità degli isotopi dell'ossigeno in esse contenuti, elemento che potrebbe fornire l'evidenza della loro origine extrasolare.


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