Stardust Vanguard – Anarchia!

Da Videogiochi @ZGiochi
di Jacopo "ED64" Retrosi

Il mercato delle software house indipendenti si sta lentamente espandendo, i progetti si fanno sempre più ambiziosi, più complessi, tuttavia tra i gargantueschi scaffali di Steam non mancano di spuntare quotidianamente giochi dalle vedute più “modeste”, che si accontentano di solleticare una cerchia ristretta con infrastrutture tradizionali e formule di gioco collaudate, ma non per questo indegni di lode, come l’ospite odierno, Stardust Vanguard, rilasciato da qualche giorno su Steam. Presentato come un omaggio ai mecha degli anni ’80 e ’90, il titolo Zanrai Interactive propone un gameplay adrenalinico vecchia scuola con una forte enfasi sulla componente multiplayer, supportando in locale fino a quattro giocatori quello che potremmo definire un beat’em up arcade 2D in chiave shmup, a base di mech, navicelle spaziali e combattimenti a suon di blaster e beam saber. L’idea vi alletta? Beh, se come il sottoscritto smaniate per ogni media invaso dai “robottoni”, vi basterà guardare il trailer per desiderarlo a tutti i costi; ne vale però la pena? Leggete la nostra recensione per scoprirlo.

THIS IS NO ZAKU, BOY! NO ZAKU!

È bene mettere subito in chiaro subito una cosa a proposito del titolo Zanrai Interactive: Stardust Vanguard è stato concepito per offrire azione immediata, cattiva e incessante, nessuna trama o tutorial di sorta (tranne una sbrigativa schermata con i comandi), tanto meno una curva di apprendimento graduale e accessibile ai più, i rudimenti e le tecniche si apprendono a proprie spese, direttamente sul campo di battaglia, e non viene lasciato alcun margine di errore, pena un game over prematuro. Il gioco fa dunque leva su modalità studiate per dare il meglio di loro principalmente assieme ad altri giocatori in carne ed ossa, e non annovera feature piuttosto comuni nei classici simulatori di mech, come la possibilità di scegliere tra vari chassis o di personalizzare l’arsenale in dotazione, ragion per cui in mancanza di compagni d’armi si corre il rischio di stancarsi abbastanza in fretta, almeno a giudicare dall’assenza di stimoli che non si limitino all’inebriante per quanto effimero senso di sfida; un’IA sostitutiva o un sistema di high-score avrebbero reso l’esperienza di gran lunga più vivace, ma al momento non sembra essere nei piani degli sviluppatori.

Con già un secondo pad a fare da supporto, o un altro paio di mani sulla tastiera in casi estremi (soluzione che vi sconsigliamo caldamente), Stardust Vanguard mostra il suo vero volto, rivelando un’infrastruttura elementare, estremamente esile, ma al tempo stesso molto appagante se vi piace mettervi alla prova. Il cuore della formula di gioco è costituito dalla modalità Survival, in cui dovremo, come il nome banalmente suggerisce, fronteggiare una decina di ondate nemiche di intensità crescente ricorrendo a diversi approcci: si può tentare la sorte in solitaria, collaborare con qualcuno per portare a casa la pelle, o ancora darsi battaglia per intascare il maggior numero di kill; 4 livelli di difficoltà, che oscillano dalla passeggiata nel parco ad occhi chiusi alla scomunica permanente da tutte le chiese del continente, e un sacco di arene a tema spaziale, facilmente sbloccabili, materiale sufficiente per un discreto numero di sessioni di allegro rage, sempre che riusciate a digerire l’imperdonabile legione dei pirati, alle volte davvero troppi per essere respinti da due disgraziati in croce. Segue quindi la modalità Versus nelle sue tre varianti, ovvero Deathmatch, Conquest e Spaceball, la prima indiavolata come poche, le altre due un pizzico più raffinate, ma non per questo meno frenetiche, ovviamente tutte aperte sia al free-for-all che al confronto a squadre, con tanto di eventi random, come invasioni di orde guidate dalla CPU o la comparsa di navi cargo per recuperare munizioni; funziona e diverte, ma senza almeno 3 partecipanti perde molto del suo fascino.

Parlando un po’ dei mech, nonostante le unità delle quattro fazioni ispirate ai beniamini metallici del periodo di riferimento (Gundam su tutti) presentino alcune differenze a livello di design (purtroppo non ravvisabili dagli sprite in game), il loro comportamento una volta scesi in campo è il medesimo; favorire un pilota rispetto ad un altro risulta insomma una scelta puramente estetica, chiaramente funzionale alla suddivisione per schieramenti, ma non costituisce assolutamente un difetto, anzi riteniamo opportuno che in un arcade i giocatori vengano tutti posti sullo stesso piano e con le stesse potenzialità, lasciando che sia l’abilità del singolo a fare la differenza. A tal scopo, i controlli sono reattivi e semplici da metabolizzare, una qualità non indifferente in un titolo dal ritmo così sostenuto, tuttavia ricorrendo ad una tastiera ci si sente un tantino “compressi” dalla bizzarra disposizione degli input (non riprogrammabili); un pad in casi del genere è una manna dal cielo. Tra le dotazioni del mech spiccano una mitragliatrice a puntamento automatico (in pratica un algoritmo rileva il bersaglio più vicino alla propria posizione e apre il fuoco su una traiettoria approssimativa), veloce, letale sulle brevi distanze e in grado persino di respingere i colpi in arrivo, ma penalizzata da un caricatore esiguo, normalmente impossibile da rimpinguare se non al successivo respawn (ergo post-mortem). Il team di sviluppo ha infatti voluto intendere quest’arma come una sorta di diversivo, vuoi per tirarsi fuori d’impaccio o finire un nemico all’angolo, relegando alla beam saber il ruolo di protagonista, in linea con la filosofia dei mecha nipponici (fateci caso, si finisce sempre a scazzottate), con cui tranciare qualunque cosa con uno o due fendenti, e respingere i proiettili in arrivo, uno spasso con i giusti riflessi. Chiudono l’arsenale l’immancabile dash per guadagnare metri preziosi sull’obiettivo o fuggire rapidamente dalle zone calde dello scontro, uno scudo impregnabile dall’invidiabile durata di 3 secondi (da usare con parsimonia), e la possibilità di chiamare rinforzi utilizzando i punti accumulati con le uccisioni, un repertorio che lascia respiro a un discreto ventaglio di tattiche, sebbene nella bagarre si tenda quasi sempre a spammare e a esplodere di conseguenza.

Il gameplay è solido, si lascia apprezzare senza esibire particolari lacune, salvo dettagli minori, come il fatto che la CPU possa uscire dai confini della mappa, diventando a tutti gli effetti invisibile, e un pathfinding della stessa non proprio ottimale, tanto che sovente ci è capitato di ammirare dei caccia incastrati negli asteroidi, nulla che comunque intacchi l’esperienza e non si possa risolvere in futuro. Dal punto di vista tecnico invece la presentazione 8-bit è essenziale mentre il level design parzialmente distruttibile, i fondali e gli effetti speciali non sono affatto male, inoltre vengono supportate risoluzioni fino ai 1080p, accompagnate da un v-sync che blocca il refresh rate a 60 fotogrammi al secondo, impedendo agli hardware di fascia alta di decollare alla prima occasione. Stilosissima la colonna sonora, eccellenti gli effetti sonori, e tanto di cappello al narratore.


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