Sul dossier russo, discusso pubblicamente in termini ovattati, pare siano emersi a porte chiuse momenti di malumore. Una fonte del dipartimento di stato conferma che il viaggio di Renzi in Russia del mese scorso non è stato gradito a Washington, e che il presidente non ha mancato di esprimere il suo disappunto. Merkel e Hollande hanno visto Putin nel contesto dei negoziati di Minsk, mentre Renzi s’è ritagliato un profilo di autonomia nella gestione dei rapporti con Mosca che non è stato accolto con particolare favore a Washington, anche se non sfuggono a nessuno le ragioni strategiche e commerciali dell’Italia. La ricerca di un’iniziativa internazionale autonoma, anche per smarcarsi dai formati a trazione franco-tedesca che prevalgono su tutti i dossier di peso, è un tratto ricorrente della politica renziana, ma finché il premier tratta con il presidente egiziano al Sisi l’amministrazione multilaterale di Obama annuisce e incoraggia, quando si parla di Putin l’antifona cambia. Sisi è un alleato solido e strategicamente decisivo per la Casa Bianca, che lo ha riabilitato anche formalmente con lo scongelamento dei fondi militari; Putin è un avversario che va isolato a suon di sanzioni.Dietro a queste che sembrano indiscutibili verità, c'è il dubbio espresso da qualcuno ─ e riportato da Ferraresi in quello stesso articolo ─ su una forzatura renziana, cioè su un'operazione di spin che ha come piano dare maggior risalto e autorevolezza alla posizione presa da Renzi in politica estera (lo smarcarsi dalle logiche di coalizione, di subalterni al sistema franco-tedesco). La Casa Bianca irritata, potrebbe essere una leva per far discutere l'attività di Renzi, nella logica del "bene o male purché se ne parli".
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