Da alcuni anni andiamo ripetendo che un processo storico si è esaurito e con esso si è consumata anche quell’interpretazione teorica principiata, elaborata e categorizzata da Marx in un’epoca ormai trascorsa. Ciò non significa che il marxismo sia da buttar via, ma, ad ogni modo, i mutati tempi sociali ci impongono una ricalibrazione delle nostre lenti concettuali, pur mantenendo quel rigoroso approccio razionale che era proprio del pensatore tedesco. Nello spirito di Marx era presente una potente carica scientifica che permetteva di dipanare al meglio alcuni aspetti del modo di produzione capitalistico e della formazione collettiva ad esso associata, empiricamente non visibili o emergenti in maniera rovesciata sullo strato superficiale della realtà. Si tratta di quello che l’economista Gianfranco La Grassa ha definito il I° disvelamento dell’analisi marxiana, ovvero l’eguaglianza formale sul mercato che è disuguaglianza effettiva nel processo produttivo, dove si confrontano detentori/proprietari di mezzi di produzione ed erogatori di mera forza lavoro: “Lo scambio delle merci quali equivalenti (in media) nasconde la fondamentale (sottostante) produzione, e appropriazione capitalistica, del plusvalore che è pluslavoro; ancor più decisiva è però la riproduzione del rapporto durante lo svolgimento del processo produttivo, da cui escono il capitalista, arricchito dal profitto (plusvalore), e l’operaio in quanto semplice possessore della sua forza lavoro pronta per essere rivenduta, dando così inizio ad un nuovo ciclo dello stesso processo” (G. la Grassa, Appendice a “Fuori dal marxismo come religione”, ripensaremarx.it) Tale prospettiva ha aperto, per la prima volta, un continente sociale inesplorato, sia teoretico che storico, ed ha spazzato via certe bizzarrie ideologiche dell’economica dominante, classica e neoclassica, attraverso le quali, sacerdoti ed imbonitori di sistema, puntellavano e giustificavano l’esistente pro tempore facendolo risalire ad una romantica natura umana senza età, evitando di penetrare nei concreti rapporti di forza informanti la società del Capitale. Tutto ciò è stato grande ed utile ai fini di una rottura epistemologica ma ora non basta più a sceverare ed esaminare l’attuale formazione dei funzionari (privati) del Capitale, di matrice americana, che si fonda su altri presupposti e relazioni di forza. La Grassa ha così proposto il suo II° disvelamento che non contraddice quello marxiano acquisito ed entrato a far parte del nostro patrimonio scientifico (come dire che senza Galilei non ci sarebbe stato Newton e senza quest’ultimo non ci sarebbe stato Einstein), ma va oltre il campo d’indagine precedente che, seppur non economicistico, risultava ancora troppo schiacciato sulla sfera economica pensata quale base assoluta dell’intera società. Il II° disvelamento sostiene La Grassa ‘impone di mettere senza più esitazioni al centro dell’analisi il principio della “razionalità” strategica, applicata al conflitto in quella che è la politica tout court, ovunque venga svolta: nella sfera politica vera e propria, in quella economica, in quella ideologico-culturale. Tale politica si condensa nei vari “macrocorpi” (Stato e apparati politici, imprese, ecc.) che diventano gli “attori” della battaglia nel campo del suo svolgimento, i portatori soggettivi di dinamiche conflittuali oggettive; non colte in sé ma sempre interpretate con ipotesi che nascono dalle teorie formulate all’uopo (e sempre riviste e ri-formulate di epoca in epoca). Il conflitto (strategico), “essenza” della politica, pur essendosi esteso – durante il passaggio al capitalismo, cioè alla sua prima formazione sociale, quella borghese – alla sfera economica, non fa di quest’ultima quella ormai predominante e da cui tutte le altre dipenderebbero (deterministicamente o con “azione di ritorno”, che è un semplice “meccanicismo incrociato”, una mera interazione)’. Detto questo, poiché non posso riportare in un articoletto decenni di ripensamento lagrassiano vi invito a leggere almeno i suoi scritti più recenti (disponibili sul sito) per farvi un’idea di quale immenso lavoro è stato compiuto e di quello che abbiamo ancora da svolgere. Se le cose stanno come noi abbiamo appena mostrato, i propugnatori dell’antica speculazione una volta dirompente, ma ora fattasi dottrina ossificata e fossilizzata, sono quanto di più retrogrado e di deleterio per i dominati vi sia sulla faccia della terra. Le posizioni arretrate di questi uomini che si rifanno ad una foresta teorica pietrificata, mummificano anche l’azione politica, la quale, non a caso, diventa sclerotica e persino reazionaria. Non è una esagerazione perché non basta schierarsi con le classi lavoratrici o, ancor più indistintamente, col popolo per essere rivoluzionari e agguerriti soldati dell’antisistema. Guardate la fine che stanno facendo i comunisti in Russia. Costoro si sono mescolati agli oligarchi e ai coloured people che contestano il Cremlino, organizzandosi grazie ai fondi delle ONG americane. I comunisti di Zyuganov insieme ai “criceti” (così vengono chiamati in Russia gli internauti contestatori) fanno la figura dei topi di fogna che seguono il pifferaio magico Yankees portandosi a fondo la nazione. Questo conferma le nostre tesi e non si tratta di una specificità moscovita considerato che ovunque comunisti dementi e disorientati si trovano schierati dalla parte dei prepotenti, cullati dalle grandi narrazioni sui diritti umani e sulle libertà civili. Ed in Italia cosa accade? Non bastavano i vecchi arnesi del sepolto PCI o dell’ultrasinistra, frammentatisi in mille sigle eppure tutti compatti dietro uno stesso baluardo di idiozia, i quali si sono distinti per aver appoggiato (insistendo ancora oggi sull’argomento) la cacciata dei tiranni che resistevano all’aggressività statunitense. Ma dovevano anche sorgere nuovi gruppi decisi a raccogliere il peggio di diverse eredità, tanto di destra che di sinistra, per generare un vero minestrone volontaristico senza alcuna capacità di discernimento teorico, storico e politico. Cosicché, il frutto più visibile di questo immondo innesto che pare proprio un infinito obbrobrio sono le parole d’ordine di un marxismo marcito ricalcate in caratteri gotici di stampo fascista. Tutto ciò non è nemmeno rossobrunismo ma stoltezza all’ennesima “impotenza”. Ed infatti, costoro partiti come focosi sostenitori degli stati oppressi, dalla Siria all’Iran, adesso scoprono di essere collaborazionisti dei piromani occidentali. Convinti com’erano di poter accendere la fiammella della rivolta, si ritrovano con la casa bruciata proprio per aver aperto la porta ai comunisti alla Zyuganov che in queste ore scendono in piazza contro Putin e contro la libertà della Russia circondata e assediata dalla bellicosità Atlantica. Cari Signori, bisogna avere le idee chiare ed occorre dotarsi degli strumenti teorici adeguati per capire dove va il mondo e tentare d’incidere sulle sue dinamiche. Non è sufficiente seguire i palpiti del cuore o la corrente di una passione politica triviale, fatta di parole d’ordine e di bandiere al vento, per cambiare la situazione. Il vostro modo di agire si chiama show, spettacolo, teatrino e non ha nulla a che vedere né con Marx, né con La Grassa e nemmeno col Fascismo. Forse è meglio che vi diate ai situazionisti o agli indiani metropolitani
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