Iniziare la lettura di Stavo soffrendo ma mi hai interrotto, di Maurizio Sbordoni, Ed. San Paolo, mi è costata una buona dose di coraggio. Non solo per l’argomento, purtroppo anch’io rientro nel grande gruppo di chi ha affrontato di riflesso il cancro, e oggi mi ritrovo con una vittoria e tante sconfitte sopra le spalle sempre più curve; ma no, non è questo che inizialmente ha rischiato di rendermi antipatico il libro, ma quell’approccio da quarantenne ricco e annoiato che inizialmente l’autore si è auto inflitto, uno stile che se funziona per Michel Houllebecq e i suoi anti eroi trentenni, stona con la figura di Maurizio stesso descritta nel romanzo autobiografico.
Ma…
Stavo soffrendo ma mi hai interrotto è una lettura che consiglio a tutti, perché sincera, colma di dolore e rabbia nei confronti di quella schifosa malattia che consuma senza pietà chi ami e ti rende spettatore inutile difronte alla morte, mai annunciata, sicura, evidente, ma sempre tenuta lontano da un sottile velo di speranza. Maurizio Sbordoni oltre a descriverla quotidianamente riesce a ridimensionare quel momento di consapevolezza che attanaglia la famiglia, e rende la sua famiglia la protagonista di un romanzo a mio avviso ben costruito, commovente e contemporaneamente divertente (riuscire a divertire descrivendo la morte è di per se un traguardo invidiabile).
Da piccolo vedevo Lupin che rubava e non veniva mai acchiappato, Superman era bipolare, Pinocchio un cazzaro, Aladino era un fannullone perdigiorno, Supercar parlava con una macchina e guidava a 300 chilometri orari, Lady Oscar era un travestito, la principessa Zaffiro un trans, Aran Benjo di Daitarn 3 un puttaniere, Candy Candy a dodici anni si faceva le mèches e insidiava lo zio e Pacman correva in preda alla labirintite drogandosi di pillole che lo rendevano accelerato.
Mamma, papà: troppo tardi.
La colpa non è mia,La colpa è della mia infanzia.
Nonostante le dinamiche familiari possano apparire ovvie e gli ottomila euro a chemioterapia un insulto per chi non può permettersi nemmeno una diagnosi seria, il romanzo è coerente. Le sorelle, due personalità forti e per nulla stupide; il padre, una figura complessa, forse incapace di baci e abbracci ma innamorato fin dal primo sguardo della donna che ha sposato; la nonna, che vanta mali peggiori degli altri. Una moglie, che dorme; un cane, che probabilmente finirà in manicomio. Il protagonista, Maurizio, lo scrittore. Tutti i personaggi sono forti, completi e formano una cornice inattaccabile, un abbraccio unico. Al centro la mamma, bellissima donna, preoccupata più per chi dovrà lasciare che per la sua malattia.
Una bella famiglia, questo è quello che ho percepito leggendo. Una malattia schifosa.
Dei nipoti che potrebbero dare speranza anche al re dei depressi:
– Zio.
– Dimmi, tesoro.
– Che cosa fa di preciso uno scrittore?
– Uno scrittore?
– Sì, ma cerca di essere precisissimo.
Io ci penso un po’.
– Uno scrittore fabbrica sogni tattili per ciechi.
– E non possono fabbricare sogni anche per i malati come la nonna? – mi risponde mia nipote, sgattaiolando in qualche anfratto della casa.
Vedo poco mia nipote Gaia, e mai perché costretto.
I bambini bisognerebbe frequentarli per legge, come fossero la scuola dell’obbligo.
Titolo: Stavo soffrendo ma mi hai interrotto
Autore: Maurizio Sbordoni
Editore: Edizioni San Paolo
Anno: 2013
Prezzo: Euro 14,00