Riparte su Memecult, la nuova rivista online nata dalle ceneri dell’ei fu i.OVO (su cui già segnalavo un disco a settimana da un anno) la mia minirubrica di lapidarie selezioni musicali dell’anno in scorso: 3 righe x 5 dischi usciti nel 2015 + link a una canzone per disco, per dar spazio alla musica e non al catechismo del recensore di turno. Stavolta è il turno di Africa Express, Jessica Pratt, Viet Cong, Ryley Walker e Benjamin Clementine.
Africa Express Presents… Terry Riley’s In C Mali
Dal Mali allo Spazio. Per ora e tra decine di bei dischi già usciti, questa rilettura del capolavoro di Terry Riley è uno degli ascolti più incredibili del 2015. Un viaggio in tutto il mondo e allo stesso tempo. Un atlante musicale illustrato: raramente l’aggettivo “caleidoscopico” è stato più adatto. 40 minuti di uno dei viaggi migliori che potrete fare da qui alla fine dell’anno, gratis.
Jessica Pratt – On Your Own Love Again
Nel nome di Karen Dalton, Sybille Baier e Vashti Bunyan, ecco un altro disco del 2015 a cui vale la pena di dare più di un ascolto incantato. Nel solco della migliore tradizione folk al femminile, ecco questa nuova ninfa suadente e ambigua che canta d’amore e disillusione con maestria rara e con pathos di altri decenni musicanti. Non tutto il futuro viene per nuocere.
Viet Cong – Viet Cong
Tra Wire e Oneida, questa collezione di furiose cavalcate sono tra gli esempi migliori della rinascita kraut-wave che tanto deve al Julian Cope di Krautrocksampler e altrettanto a Post-Punk di Simon Reynolds. Due libri, non due dischi, perché queste nuove band hanno studiato eccome i suoni deflagranti del passato prossimo. Semplicemente devastanti, ascoltare “The Death” per credere.
Ryley Walker – Primrose Green
Ascoltando Ryley Walker ho pensato a Tim Buckley, David Crosby e Van Morrison (confrontare la copertina del suo disco con quella di His Band and the Street Choir). Toccato dal sacro fuoco dei grandi, sembra calato nel presente come un prodigio. In pochi possono vantare un talento del genere, vediamo come saprà usarlo. Ha potenzialità da leggenda. Per ora è già da urlo.
Benjamin Clementine – At Least For Now
Soul del XXI secolo, qualcosa per cui sparisce ogni nostalgia nei confronti dei grandi progenitori del genere: laddove nei sixties c’era il sentimentalismo più genuino, oggi c’è l’emotività più palpabile, che esplode alla Jacques Brel. Dalle banlieu londinesi a condividere il palco con Paul McCartney che ne disse:”Se solo Nina Simone fosse stato un uomo…”.