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Stefania: una ragazza come noi, un’altra vittima di femminicidio!

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Ero indecisa se scrivere o meno un post sull’uccisione della giovane Stefania Noce. Perchè lo hanno scritto in molti/e perchè non mi piace strumentalizzare il dolore, la morte, o l’ultima tragedia che ha destato più scalpore delle altre.

Ma poi ieri sera ho letto un suo pezzo sul femminismo. Stefania era una ragazza piena di interessi, sete di sapere, voglia di fare e di lottare.

Stefania: una ragazza come noi, un’altra vittima di femminicidio!

Questo ennesimo femminicidio brucia ancor di più perchè Stefania era una come noi, una impegnata nella parità di genere, e con la sua uccisione ancora di più ci rendiamo conto quanto la violenza e i violenti stereotipi patriarcali colpiscano anche quelle donne che gli occhi e la mente li hanno ben aperti su queste cose.

Stefania era la classica ragazza che potevi incontrare nei corridoi dell’università, nelle manifestazioni, nei blog, in biblioteca, nelle lotte per una società più giusta.

Di ragazze come Stefania dallo sguardo sveglio sul mondo, con la grinta e la voglia di lottare e cambiare ce ne sono davvero pochissime, tutte prese a piegarsi agli stereotipi e ai ruoli che la società ci impone.

Stefania: una ragazza come noi, un’altra vittima di femminicidio!

Ad esempio guardando il suo profilo fb ho potuto notare quante cose ci accomunavano : la musica, i libri, la politica, il cinema, la parità.

Ecco, vi riporto di seguito qualche passo di quel pezzo di cui vi parlavo, come titolo aveva messo una domanda molto intelligente che spesso ci siamo fatte tutte ” Ha ancora senso essere femministe?”.

<< Queste righe sono per quelle donne che non hanno ancora smesso di lottare. Per chi crede che c’è ancora altro da cambiare, che le conquiste non siano ancora sufficienti, ma le dedico soprattutto a chi NON ci crede. A quelle che si sono arrese e a quelle convinte di potersi accontentare.

A coloro i quali pensano ancora che il “femminismo” sia l’estremo opposto del “maschilismo”:

non risulta da nessuna parte che quest’ultimo sia mai stato un movimento culturale, nè, tantomeno, una forma di emancipazione! Cominciando con le battaglie inglesi delle suffragette del primo Novecento e passando per gli anni ’60 e ’70, epoca dei “femminismi”, abbiamo conquistato con le unghie e con i denti molti diritti civili che ci hanno permesso di passare da una condizionedi eterne “minorenni” sotto “tutela” a una forma di autodeterminazione sempre più definita. Abbiamo ottenuto di votare e, solo molto dopo, di avere alcune rappresentanze nelle cariche governative; siamo state tutelate dapprima come “lavoratrici madri” e, solo dopo, riconosciute come cittadini. E mentre gli altri parlavano di diritto alla vita, di “lavori morali” e di dentalità, abbiamo invocato il diritto a decidere della nostra sessualità dei nostri corpi. >>

Si, leggendo queste righe rivedo quasi noi, noi ragazze di questo blog ad esempio che abbiamo sempre tenuto a precisare che maschilismo e femminismo non sono la stessa cosa.

Maschilismo è sopraffazione, femminismo è emancipazione e parità.

E proprio come ha detto Stefania non risulta da nessuna parte che il maschilismo sia mai stato un movimento culturale, nè, tantomeno, una forma di emancipazione!

Ma ovviamente chi non ha argomenti e chi le donne le odia, perchè non riesce a rapportarsi con loro o perchè ha alle spalle un rapporto o un matrimonio finito male, tende spesso a iniziare una vera lotta contro tutto il genere, veicolando e decontestualizzando i messaggi.

Ma procediamo con l’illuminante pezzo di Stefania

<< Abbiamo denunciato qualsiasi forma di “patriarcato”, le sue leggi, le sue immagini. Pensavamo di aver finito. Ma non è finita qui.

Abbiamo grandi debiti con le donne che ci hanno preceduto.

Il corpo delle donne, ad esempio, in quanto materno, è ancora alieni iuris per tutte le questioni cosiddette bioetiche (vedi ultimo referendum), che vorrebbero normarlo sulla base di una pretesa fondata sulla contrapposizione tra creatrice e creatura, come se fosse possibile garantire un ordine sensato alla generazione umana prescindendo dal desiderio materno. Di questa mostruosità giuridica sono poi antecedenti arcaici la trasmissione obbligatoria del cognome paterno, la perdurante violabilità del corpo femminile nell’immaginario e nella pratica sociale di molti uomini e, infine, quella cosa apparentemente ineffabile che è la lingua con cui parliamo, quel tradimento linguistico che ogni donna registra tutte le volte che cento donne e un ragazzo sono, per esempio, andati al mare. Tutto, molto spesso, inizia nell’educazione giovanile in cui è facile rilevare la disuguaglianza tra bambino e bambina: diversi i giochi, la partecipazione ai lavori casalinghi, le ore permesse fuori casa. Tutto viene fatto per condizionare le ragazze all’interno e i ragazzi all’esterno >>.

Lei dice già tutto e davvero c’è ben poco da aggiungere. Proprio qualche giorno fa abbiamo parlato per l’ennesima volta – in occasione dell’intelligente trovata fatta da Hamleys- quanto sia importante educare i bambini e le bambine alla stessa maniera.

Quanto sia importante non porre limiti alle loro volontà, ai loro desideri, quanto potrebbe essere positiva l’esperienza di inserire una corretta educazione sessuale nelle scuole.

E soprattutto quanto sia importante non imporre dei ruoli stereotipati sin dalla più tenera età, trattando entrambe alla stessa maniera dai lavori casalinghi all’ orario di rientro.

<< Un altro problema, spesso dimenticato, è quello delle violenze (specie in famiglia). Malgrado i risultati ottenuti, ancora nel 2005, una donna violentata “avrà avuto le sue colpe”, “se l’è cercata” oppure non può appellarsi a nessun diritto perchè legata da vincolo matrimoniale al suo carnefice. Inoltre, la società fa passare pubblicità sessiste o che incitano allo stupro; pornografie e immagini che banalizzano le violenze alle donne.

Per non parlare di quanto il patriarcato resti ancora profondamente radicato nella sfera pubblica, nella forma stessa dello Stato.

Uno Stato si racconta attraverso le sue leggi, attraverso i suoi luoghi simbolici e di potere. Il nostro Stato racconta quasi di soli uomini e non racconta dunque la verità. Da nessuna parte viene nominata la presenza femminile come necessaria e questo, probabilmente, è l’effetto di una falsa buona idea: le donne e gli uomini sono uguali, per cui è perfettamente indifferente che a governare sia un uomo o una donna. Ecco il perchè di un’eclatante assenza delle donne nei luoghi di potere >>.

Noi di “Un altro genere di comunicazione” di pubblicità sessiste che incitano allo stupro e alla violenza ne abbiamo viste a migliaia e le conosciamo bene, le trattiamo ogni giorno e ogni giorno ce ne vengono segnalate davvero tante.

Vero anche il discorso sulla totale assenza delle donne in politica o nelle aziende, perchè molti infatti rispondono che visto che abbiamo voluto la parità -come se non fosse una cosa che indichi la civiltà di un paese e una cosa che ci spetta di diritto- è indifferente affidare un ruolo o un lavoro ad un uomo piuttosto che ad una donna.

<< Dobbiamo, quindi, trovare il modo di pensare a un’uguaglianza carica delle differenze dei corpi, delle culture, ma che uguaglianza sia, tenendo presente l’orizzonte dei diritti universali e valorizzandone l’altra faccia. Ricordando, ad esempio, che la famiglia non ha alcuna forza endogena e che è retta dal desiderio femminile, dal grande sforzo delle donne di organizzarla e mantenerla in vita attraverso una rete di relazioni parentali, mercenarie, amicali ancora quasi del tutto femminili; ricordando che l’autodeterminazione della sessualità e della maternità sono OVUNQUE le UNICHE vie idonee alla tutela delle relazioni familiari di fatto o di diritto che siano; ricordando che le donne sono ovviamente persone di sesso femminile prima ancora di essere mogli, madri, sorelle e quindi, che nessuna donna può essere proprietà oppure ostaggio di un uomo, di uno Stato, nè, tantomento, di una religione >> .

Così si conclude il pezzo di Stefania. Le sue parole sono le nostre, le sue lotte sono le nostre, la sua energia è la nostra!

Da oggi in poi avremo un motivo in più per lottare, perchè vogliamo una giustizia PIù GIUSTA, una giustizia che la smetta di giustificare la violenza che troppe volte ancora viene vista come panni sporchi da lavare in famiglia.

Girando sul web ho notato come questa morte abbia colpito davvero (quasi) tutti.

Si organizzano manifestazioni, fiaccolate, i giornali e i blog si mobilitano per parlare di Stefania e del suo amore finito in tragedia.

Proprio per questo volevo comunicare che sarebbe ora di dare un taglio al chiamare queste tragedie “delitti passionali” o “delitti di gelosia” o “amore finito in tragedia” .

Non c’è nessuna passione o amore nell’ammazzare la persona con cui hai un rapporto, iniziamo a chiamare le cose con il proprio nome : questi episodi sono FEMMINICIDI!

Mi emoziona molto vedere questo fermento per Stefania, ma di morte come lei in quest’anno ce ne sono state ben 136.

Non mi pare di aver letto nulla su altri blog o giornali (se non quelli che trattano le tematiche di genere) sulle altre donne ammazzate, se ne parlano quasi sempre giustificando l’assassino o addrittura diminuiscono il numero delle morti.

Vi prego quindi di prestare la stessa attenzione e gli stessi scritti 365 giorni l’anno su ogni donna che viene privata di libertà, dignità, diritti e vita e non quando fa più scalpore e quindi più visualizzazioni. Queste tragedie non vanno strumentalizzate e soprattutto non riguardano solo le donne, ma l’intera società.

La violenza sulle donne e la parità NON RIGUARDANO SOLO LE DONNE.

Un ultimo abbraccio a Stefania, con la promessa che porteremo avanti queste lotte anche per lei!

Faby



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