Stefano Benni: Quando la Vecchiaia Diventa una Ricchezza

Creato il 06 novembre 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Poniamo il caso che la mia mente da lettrice sia divisa in scomparti, come una biblioteca (piccola, piccolissima biblioteca, ovviamente) e alla sezione “Stefano Benni” si possa scegliere tra il Benni a e il Benni b. Il Benni a è terribilmente ironico, mordace, attuale, istrionico, narratore, visionario ma allo stesso tempo più semplice del Benni b; il Benni b ha tutte le caratteristiche del primo ma accelerate e per essere letto è necessario che il lettore si trovi nella giusta predisposizione d’animo (forse anche con un po’ d’alcool in corpo) per poterne apprezzare il lessico, le elucubrazioni mentali e i passaggi della trama. Per semplificare l’esempio, nella prima sezione inserirei il delizioso e ironico Margherita Dolcevita e il più famoso La Compagnia dei Celestini, nella seconda Baol e Saltatempo. Giusto per complicarmi la vita, Stefano Benni ha ben pensato di reinventarsi e così si è aperta la sezione Benni c. In questa sezione c’è ancora poco materiale per poter definire le nuove caratteristiche, ma ho l’impressione che si riempirà presto. All’interno ha intanto trovato posto il “maturo” (fino ad ora “orbitante” nella mia biblioteca mentale perché di difficile collocazione) e non troppo convincente La traccia dell’angelo, ma fortunatamente a fargli compagnia è arrivato il nuovo Di tutte le ricchezze, edito (nuovamente) da Feltrinelli. La sezione Benni c è stata infatti creata perché lo scrittore bolognese – forse è un po’ invecchiato, forse è più maturo – ha cambiato qualcosa nel suo stile e (per il principio “gallina vecchia fa buon brodo”) mi sono infatuata di questo suo nuovo libro fin dalle prime due pagine. La trama è molto semplice: Martin, un senile ma affascinante professore di città, vive in una cascina di campagna sulle rive di un lago per dedicarsi allo studio di un poeta locale, tale Catena, morto in circostanze non del tutto chiare in un manicomio. A turbare la sua vita e le sue ricerche, i nuovi vicini: una coppia di giovani, lui artista, lei avvenente e bionda attrice-ballerina che gli ricorda fin da subito qualcuno che apparteneva al suo passato.

Fin qui nulla di trascendentale, anzi pressoché banale. Ma sono le scelte linguistiche e stilistiche che rendono la lettura interessante. Chi conosce Benni sa quanto impegno ci metta nelle descrizioni grottesche quanto realistiche dei personaggi che sembrano prendere una vita propria nella mente del lettore, procurandogli un sorriso o un senso di disgusto, dipende dai casi. Questa volta chiama in suo aiuto anche gli animali che dotati di coscienza, parola e visione pratica del mondo umano diventano gli psicologi personali del protagonista sempre più turbato dalla passione per la bella vicina. Benni gioca con le parole rendendo la lettura divertente e appassionata ma a voler scandagliare meglio tra le righe una nota malinconica salta fuori: la forza e l’insicurezza della giovinezza contro la consapevolezza della vecchiaia, i segreti inconfessati che diventano fardelli di cui liberarsi perché tenuti a braccetto dagli errori di gioventù difficili da dimenticare, i rimpianti, ma anche il non sentirsi mai troppo vecchi per sentire quel formicolio che si percepisce solo con lo stare accanto ad una persona “interessante”. Immancabile l’ironia, dalla frammentazione in sottocapitoli di ogni evento rilevante vissuto dal protagonista – nonché io narrante -, alle ricette di cucina di “chi di cucina non ne capisce proprio nulla”, senza dimenticare lo spassoso “Dodecalogo del buon cane”. Bello il messaggio di rispetto e amore per l’arte scevra da condizionamenti economici, ribadito maggiormente, oltre che dalla trama, dai componimenti poetici posti ad apertura di ogni capitolo. Una bella storia, una solitudine piacevole e neanche troppo solitaria. Un malinconico Benni, che si intravede (forse per la prima volta) dietro al protagonista e che forse come lui, insicuro e dubbioso nell’intimo, si eleva a ruolo di saggio consigliere (sarà un caso l’importanza del canuto ciuffo di Martin?) nei confronti di tutti i giovani pieni di speranze, debolezze e paure.


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