Il cuore delle obiezioni si concentra sulla presunta confusione che si verrebbe a creare tra l’unione civile (che per la Corte costituzionale deve fondarsi sull’articolo 2 della Costituzione) e la famiglia fondata sul matrimonio (basata sul 29). Non c’è dubbio che la differenza non possa essere solo nominalistica e in questo senso il dibattito ha aiutato a superare rinvii eccessivi agli articoli del codice civile che regolano il matrimonio. Tuttavia il fatto che il fondamento sia diverso (il 2 e non il 29) non significa di per sé che le conseguenze pratiche debbano sempre e comunque essere diverse, ad esempio sulla successione o sulla reversibilità. La Corte, che nella sentenza 494 del 2002, aveva dichiarato che “la Costituzione non giustifica una concezione della famiglia nemica delle persone e dei loro diritti”, parla di ragionevolezza dei trattamenti differenziati che il legislatore è chiamato a valutare: quel richiamo vale sia a rifiutare una secca equiparazione sia ad evitare differenziazioni discriminatorie. In ogni caso sul punto più polemico che esiste davvero nella legge (l’altro, l’utero in affitto, come si è detto non è toccato) la questione del del figlio che si trova già a vivere nella coppia, né la soluzione prevista dal testo, la cosiddetta adozione interna, né altre eventuali sembrano violare la frontiera tra articolo 2 e articolo 29.
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Sorgente: Unioni civili. Il mio pezzo su L’Unità di oggi | stefanoceccanti