Stefano Franchetto, trevigiano di 24 anni.
Dilomatosi all’Istituto Statale d’Arte Michele Fanoli e attualmente laureando all’Accademia delle Belle Arti di Venezia.
Nonostante ancora uno studente, ha un curriculum invidiabile: stage, lavori, collaborazioni e concorsi. Sappiamo poco di lui.. mi viene descritta come una persona timida ma piena di talento. Ci credo, lo vedo.. e ne ho subito la conferma!
Rivolgiamogli qualche domanda ma, soprattutto, lasciamo parlare le immagini!
Dai parla.. chi sei?
Sono uno studente laureando in arti grafiche all’Accademia di Belle Arti a Venezia.
La passione per l’arte è nata quando ero piccolo: leggevo i fumetti di Topolino e mi piacevano le storie. Ricopiando le immagini ho iniziato ad apprezzarne le forme e i colori, e pian piano l’evoluzione dei personaggi dalla loro nascita ai primi anni novanta quando ho iniziato ad avvicinarmene.
Mii piacevano anche i fumetti di Geppo, il diavoletto buono, e li studiavo per comprenderne la forma e per imparare a riprodurli automaticamente.
Ci parli del tuo percorso?
Gli anni dell’Accademia sono stati educativi, di scoperta e di ricerca.. e non solo nell’ambito strettamente artistico. L’arte mi aiuta ad esprimermi, a capire cosa c’è dentro di me.
Il primo anno di università ho continuato il percorso iniziato alle superiori, all’istituto d’arte Michele Fanoli, affacciandomi al mondo dell’incisione, cercando di apprendere le tecniche e i metodi di stampa tra anatomia e disegno. Volevo capire cosa avevo io da proporre all’arte.
Nel percorso di studi poi ho approfondito pubblicità e fotografia, ma durante il terzo anno, quando ho conosciuto il mondo dell’illustrazione, me ne sono subito innamorato. Quella che creo è ancora arte di sviluppo, ma l’illustrazione è la mia via. Non è vista come arte ed è libera da ogni restrizione di pensiero, libera di essere ciò che vuole, libera di raccontare le parole visto che spesso accompagna un testo oppure un racconto.
L’illustrazione è la tua via.. ma, secondo te, come si diventa illustratori?
Mi sento più un piccolo artigiano che un illustratore. Non riesco a comprendere le persone che senza averne diritto si definiscono artisti, come se fossero già definitivamente affermati. Bisogna sempre crescere e migliorarsi, la ricerca costante è fondamentale.
Quando sono davanti ad un racconto lo divido per scene, pensando alla dimensione della pagina, all’inquadratura e agli elementi scenografici e cerco, grazie anche all’uso dei colori, di non renderli visivamente pesanti a discapito dei personaggi principali.
Lo studio riguarda ovviamente anche il target, ovvero i bambini. Per loro i colori sono l’impatto visivo primario e io, personalmente, nell’arte, ho sempre tralasciato il pensiero per concentrarmi sulla composizione e sul colore come Rothko. Cerco di usare linee molto semplici e spesso curve, perché danno un senso di sicurezza ed infine tento di trovare il giusto contrasto tra dimensioni esageratamente grandi e piccole.
Dalle illustrazioni alle fototessere. Ci spieghi il tuo percorso creativo?
Più che percorso è stato un vero e proprio salto, ma sperimentare sempre cose nuove mi stimola! Il filo rosso che collega le illustrazioni alle fototessere è la volontà di rappresentare racconti. Nonostante si immobilizzino la scene, la nostra mente conferisce a queste un movimento, creando storie.
Le fototessere “antiche” mi hanno sempre affascinato perché le ho sempre osservate come un pezzo di passato delle persone ritratte. Queste rappresentano la foto più oggettiva che una persona può avere ed io volevo renderle dei piccoli racconti dove la persona si può perdere tra gli strappi di colore, ma rimane nel presente.
Volevo rappresentare un ricordo evanescente dallo scorrere del tempo.
Quali sono stati i tuoi riferimenti artistici?
In primis, Nicoletta Ceccoli, perché riesce a donare una poetica splendida alle sue illustrazioni. Stefano Ricci, per la morbidezza e l’atmosfera delle sue illustrazioni. Inoltre, Satoshi Dobara per le ambientazioni e i colori. Anna Laura Cantone per la giocosità dei suoi disegni. Alessandra Cimatoribus per l’evanescenza dei suoi lavori ed infine, Lorenzo Mattotti per l’eleganza surreale.
Nelle mie illustrazioni io cerco di esprimere l’allegria delle cose, di vedere il dolce anche dietro le cose più amare e di creare piccoli pezzi di felicità.
Quali consigli daresti a chi vuole intraprendere la strada dell’illustratore?
Non me la sento di dare consigli perché sono il primo a dover crescere e migliorare.
Posso dire di partecipare a tanti concorsi, per l’esperienza e il confronto, e perchè sono una vetrina che aiuta a farsi conoscere nel circuito.