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Stefano Guglielmin: Le volpi gridano in giardino

Creato il 06 giugno 2013 da Viadellebelledonne

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Le volpi gridano in giardino mostra in due sezioni principali (a loro volta suddivise in 2+3 sottosezioni) quanto non sia pacificante l’esistente, né pacificante dirlo, pur partendo dal principio femminile e, più in alto, dall’amore che coniuga la madre al padre, nel superamento della ripartizione.

Fin dal titolo mostra, non senza ambiguità, gli attori e il bivio: da un lato il selvatico, (talvolta anche il favoloso), la voce profonda, dura e pura, della grande femmina madre che col grido irrompe e ri-chiama nel piccolo recinto umano (va ancora bene che sia coltivato di giardino e non completamente antropomorfizzato di degrado…) ; dall’altro l’umano per l’umano, il lupo di homo homini lupus nei panni fintamente più rassicuranti della volpe, capace di mimesi (ma non di immedesimarsi), che strepita all’interno degli orti, mostrando il lato predatorio, senza tema di essere cacciato (anzi con il grido sollecitando, volpi a volpi, il branco) .

 Ma volpe è anche la parola, che agita e sommuove la coda rossa della lingua (a sua volta una grande madre vermiglia), che, quando viene raccolta, consente l’incontro e il grido, non già o non ancora nel deserto, ma “nel giardino”. La parola infatti, come la volpe del Piccolo Principe, chiede di essere addomesticata, di essere vestita -oltre il grido informe- in una forma. Nel libro questo avviene in modo plurale, con tributi alla tradizione, ma anche fuori, felicitando innesti e contaminazioni.

 Sicché il Non c’è canto, lo so”, anche se testimonia un’improvvisa afasia, che va oltre la stringatezza di alcune di queste poesie (peraltro tutte dalla sintassi e dal lessico sempre concreti e sorvegliati), certo non induce a temere il venire meno della memoria (che il canto informa) o della sua parte oscura come abisso, della Moira. La voce infatti dice, anzi ridice: “ancora piove e piove e /piove…”; il fatto di avere visto (”ho visto”) diventa il “vorrei narrare”.

La voce (è) salva, dunque, (il corpo, talvolta), e salva anche la parte più celata di essa. La Poesia può infine andare per poesie, può scorrere, e chi legge attingere, a ciò che fugge, a ciò che sedimenta.

Se la voce, sola

Se scivola parola al pane, se punge
e amore stacca, se aspra e tenebrosa bianca bocca
spinge e come corta vita brucia o scatta
se solo piove e piove, al ladro rubando tracce
se s’impasta il tempo e pa di padre e ma di madre
spàmpano, non più punta o squadra, non più lago
o tasca o golfo

se amore sgomita per restare, andando verso
tornando, se ogni voce

se ogni voce parla per noi, se ogni voce
alla poesia scalda i piedi, se si fa coro
dentro il legno o si perde
in pace

se io romeo e tu perfetta
in bilico sul canto, su questo
stento

se di nuovo esito tra palude e sorso
e ancora piove e piove e
piove…

Il corpo, talvolta

Pare che il corpo consista
in tante piccole buche, in vuoti vicini,
in imbuti, dove la vita si versa
e scompare. Scroscia invece in quella gora
il volo largo della specie, la spina
che volta in salvia il lutto, e ci fa chiari.

°°

Non c’è canto, lo so. Però il corpo
talvolta, parla da solo, ama il fango
più della luce e cancellare tracce
darsi malato…

Paesaggi con poeta

Ho visto
paesaggi interiori pugnare col grigio deforme
di un umano niente e poeti ratti raccontare l’oggi
per tratti uniformi, li ho visti arrancare in quelle altezze.
Sciupare. E ruine e alme e altre arcaiche moine
rovinare sul testo, rovinarlo. Ma so per converso
di parole per cui si muore. Parole sole, senza paesaggio
nell’intrico dell’erto e del liscio, dove l’eroe s’immola.
E so di banchieri che asciugano risaie, assetano villaggi.

Io per me vorrei uno sfondo che non decori
ma dilati il senso dello stare, un tavolo di frutta
per esempio, e una figura, che sorrida a morti e vivi
senza strafare. Vorrei narrare, ma con spiacere
di mamme vermiglie nel rione degli infetti e di città
imperfette in cui s’annida l’erosione. E di prigione
vorrei dire, esilio dai prati, dai nomi, dove sognare
non l’ora d’aria, sola, ma il guado, e scrivere di te
di quando sfidi rocce e mulattiere
guardando in valle il torbido che cresce
di te, quieta, presso l’acqua dei nevai.

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Stefano Guglielmin, Le volpi gridano in giardino

ISBN 978-88-897224-72-3

Edizioni CFR – 2013 – pp. 56, € 10,00   Richiedere a [email protected]

 

Per approfondimenti sul libro:

sul sito di S.Guglielmin stesso: Blanc de ta nuque

su La Dimora del tempo sospeso: qui

su Carte Sensibili: qui

su La poesia e lo spirito: qui

su Poesia2.0: qui



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