Magazine Cultura
Approfittando di questa neve spessa, bianca, lavica, ho letto d'un fiato il libro di Micaela Balìce - I Giardini di Inanna.
Non sono uno che sa giudicare la poesia, lascio piuttosto che mi accarezzi, che mi stilli dentro come miele, e la assaporo senza lambiccarmi con la tecnica ma godendone gioiosamente il profumo.
La poesia di Micaela profuma di bosco notturno. A volte di incensi. Più spesso crepita di falò accesi sotto la luna. Canta sommessamente un rituale di fascinazione. Rimanda a culti che sanno di natura, di femminile, di lunghi meravigliosi amplessi, di antiche divinità eclissate da questa modernità infeconda, di culture matrilineari perse nei tempi.Ho ritrovato in essa una stregoneria amorosa. Ho riconosciuto quella vecchia tensione naturale, quel sentirsi tutt'uno con energie domestiche e palpitanti come il potere di un camino acceso, di un giardino, di erbe coltivate in segreto, che una volta costava perfino il rogo.
E leggendo di Lilith la Ribelle, di Beltane, di Fauni, ho ritrovato i miti che mi affascinavano quand'ero più giovane e meno impuro - e che celebravo passivamente ascoltando musica progressive, non sapendo cos'altro fare.
E poi ci sono versi indimenticabili, perfetti nella loro chiarezza, e raggelanti nel loro messaggio:
"Stai smussando tutti i miei laticon la tua ragionevole limaper rendermi impilabilecome tutte le altre cose."
"Io ch'ero fattaper danzare con scarpette rosseson qua,incatenata ad un lavandino."
Insomma, temo, mia cara Micaela, che tu sia nata nel posto sbagliato. In un tempo sbagliato.
Un po' come me. Però, lo sai? Per quanto austera, lontana, indubbiamente aspra come Terra nera intorno ai vulcani e offesa da millenni di patriarcato, mi consola pensare che "Noi abbiamo una splendida Madre."
Tutti noi.
Stefano Santarsiere, scrittore, in Storie dal Club