Stelle cinesi in cieli statunitensi

Creato il 06 ottobre 2013 da Coloreto @LoretoCo

Durante lo scorso giugno, si è tenuto un incontro informale passato in sordina. Un summit tra l'attuala presidente degli Stati Uniti Barack Obama e una nuova figura di caratura internazionale che già dalle sue prime apparizioni ha dato prova non solo di riuscire a destreggiarsi nella politica nazionale ma, anche e soprattutto, di avere una buona capacità di relazionarsi con un mondo dinamico e pregnante di contraddizioni come quello della diplomazia internazionale: Xi Jingping.Attuale presidente della Repubblica Popolare Cinese dal marzo 2013, ha condotto il suo paese attraverso la tessitura di una fitta rete di rapporti commerciali ed economici. Uno su tutti, le visite compiute in Sudafrica (territorio ricco di miniere di metalli), Angola e Botswana (territori noti per la più che modesta presenza di petrolio), alla ricerca di contratti vantaggiosi, di settori in cui poter investire e di “energia”. A titolo esemplificativo potremmo ricordare che l'affare africano frutta alla Cina un giro d'affari di oltre 16 miliardi di dollari. Altro esempio esplicativo potrebbe essere costituito dall'influenza e da quanto sia stato determinante il coinvolgimento della Cina, come partner commerciale, nelle questione interne tra Sudan e Sud Sudan, secesso il 9 luglio 2011. Non solo. Jingping, durante le ultime dichiarazioni pubbliche, forte del ruolo che il paese da lui guidato ha assunto e sta assumendo nei mercati globali, ha dichiaratamente palesato l'intenzione di ripensare l'azione della Cina, e con questa quindi il contenuto delle relazioni stesse, proponendo un nuovo approccio. Non si parla più di un incontro tra “super-potenze”, consci forse che quella definizione datata ed anacronistica non descrive più alcun rapporto di potere se non una reminiscenza di angusti compartimenti storiografici, quanto di relazioni tra “nazioni maggiori” che devono creare dei canali di comunicazione non basati sulla forza militare e dalla potenza esprimibile quanto dalla capacità, in questi anni divenuta essenziale, di fronteggiare scossoni economici e crisi diplomatiche di nazioni più piccole nonché di sapersi ergere a controllori sovranazionali dell'area circostante. No. Non con un atto di forza. Quanto, com'è stato provato sapientemente nel gestire la crisi coreana, attraverso sanzioni economiche e minacce di interruzioni di rapporti commerciali. Queste sono le nuove armi. Gli USA, hanno da sempre considerato la Cina come uno stato inscrutabile, lontano, seppur una più che discreta parte degli investimenti cinesi siano diretti in territorio americano e viceversa una enorme quantità degli investimenti statunitensi sia in territorio cinese ( nel primo caso si parla di cifre che si aggirano sui cinque miliardi di dollari, nel secondo caso di dieci volte tanto ). Non solo. Si stima che la Cina possegga circa 28 miliardi di dollari di azioni che ogni giorno vengono scambiate globalmente e nella grande Wall Street. Buone e care motivazioni per assicurarsi rapporti duraturi, seppur tra le fila a stelle e strisce vi siano grandi perplessità in merito alla questione delle ingerenze statali nei rapporti privati. Buone e care motivazioni che sono servite da presentazione all'incontro dello scorso giugno, quando Obama e Jingping, incontrandosi, consci di essere i vertici di due paesi economicamente e fortemente legati tra loro, hanno dato vita ad un incontro rilassato su vari temi della politica internazionale, arrivando ad un intesa, come ben ricordiamo, sulla questione del nucleare di Pyongyang. Di certo, remore e paure da una parte e dall'altra parte, continuano e continueranno a coesistere e permanere. Il sospetto dello strapotere statunitense che ritorni a coprire gli interessi cinesi. Una cospicua presenza della marina militare statunitense nell'oceano pacifico. Questi, buoni punti di tensione tra le due grandi nazioni. Da considerare, sembra d'uopo, anche le contrattazioni in merito al caso Siria, in sede ONU, che vedevano da un lato gli USA proporre un intervento armato e dall'altro il veto di Cina e Russia e, non di meno, la questione irrisolta e ormai dimenticata del nucleare iraniano, di cui, non a caso, i cinesi sono i maggiori affaristi e compratori. Potremmo citare anche il ben più recente ed infiammato caso delle isole Senkaku/Dyayu contese tra Cina e Giappone in cui gli USA hanno giocato un ruolo denso di incertezze, caso, questo, che si è risvegliato nel settembre 2013 e che ancora non ha trovato una soluzione in via definitiva. In conclusione, per quanto vi siano ancora dei punti di attrito tra la politica statunitense e la politica cinese, risulta evidente che Obama e Jingping stiano tentando un nuovo approccio alle relazioni tra stati. Novità, questa, dettata di certo dalla necessità di trovare intese comuni e rafforzare assi commerciali che devono e dovranno affrontare una crisi economica internazionale diffusa e dilagante, generata da colore che ora stanno cercando di porre misure di cautela.
Filippo M. R. Tusa

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