Magazine Cultura
Stephen King - Perché così tanti lettori e spettatori? di Rocky Wood - 1° parte
Da Alessandro Manzetti @amanzetti(leggi la versione in inglese) Stephen King e Rocky Wood Stephen King – Perché così tanti lettori e spettatori? di Rocky Wood (traduzione di Luigi Musolino) “La decisione di assegnare l’annuale National Book Foundation Award a Stephen King per il suo “illustre contributo” alla letteratura è straordinaria, un altro punto basso nello scioccante processo di banalizzazione della nostra vita culturale. In passato ho descritto Stephen King come uno scrittore di romanzi d’appendice, ma forse si trattava di un’affermazione sin troppo gentile. King non ha nulla a che fare con Edgar Allan Poe. Non è che uno scrittore immensamente inadeguato, che lavora frase per frase, paragrafo per paragrafo, libro per libro. Il mercato editoriale ha raggiunto un gradino davvero basso conferendo un’onorificenza a vita a King, onorificenza precedentemente assegnata a romanzieri quali Saul Bellow e Philip Roth, e a drammaturghi come Arthur Miller. Consegnando questo premio a King gli si riconosce soltanto il valore economico dei suoi libri, che vendono milioni di copie ma fanno poco per l’umanità, se non tenere a galla il mercato editoriale. Se questo sarà il criterio di valutazione per il futuro, forse il prossimo anno la giuria dovrebbe assegnare il premio a Danielle Steele, e di sicuro il Nobel per la letteratura a J. K. Rowling”.
Queste parole, scritte dal critico Harold Bloom sul “The Boston Globe” del 24 settembre 2004, esprimono parte del disprezzo covato tutt’ora da una certa élite letteraria nei confronti di King, colpevole dello scioccante crimine di essere molto popolare.
Questa attitudine va di pari passo con quella di alcuni scrittori e critici appartenenti al mondo dell’horror e della cosiddetta dark-fiction, che a volte sembrano schernire gli appartenenti al loro stesso genere, colpevoli di aver trasgredito le regole registrando vendite enormi.
Al di là di questi dibattiti, io faccio parte di coloro che ritengono Stephen King uno dei più importanti scrittori del nostro tempo – un uomo che può raggiungere vette altissime nella letteratura di genere e non. Ma riconosco anche il “lato oscuro” di un autore che a volte ha descritto se stesso come l’equivalente letterario di un Big Mac con patatine.
Parlando chiaro, King non è soltanto il più conosciuto e venduto autore di horror americano. Sotto molti punti di vista, è l’horror americano. Nell’ultimo quarto del ventesimo secolo ha ricreato il genere con la sua narrativa, la forza della sua voce e la risonanza dei suoi racconti, riuscendo a rispecchiare le paure americane – la tecnofobia, gli abusi razziali, sociali e sessuali, la povertà opprimente, l’ingiustizia sociale, i fallimenti dell’individuo, della Grande Società e del Secolo Americano. Cosa dire del fenomeno King? Oltre trecento milioni di copie vendute, circa novanta pellicole e programmi TV ispirati alle sue opere. Con trentadue romanzi, King ha più piazzamenti al primo posto nella classifica del New York Bestseller di qualsiasi altro autore! Ha ricevuto riconoscimenti non solo dalla comunità horror, ma di recente anche dalla cosiddetta comunità letteraria. I suoi lavori, e in particolare il suo saggio “On writing”, vengono studiati nei licei e nelle università di tutto il Paese.
Tutto ciò, non sarebbe stato possibile senza un profondo e sincero rapporto col pubblico. Descrivere la gioia che Stephen King riesce a donare ai suoi ammiratori è al tempo stesso semplice e complesso. Il nocciolo di questo successo è una storia robusta e divertente, scritta da un grande artista. King è un innovatore, ma al contempo è profondamente legato alla tradizione dei suoi generi preferiti e della letteratura in senso più ampio. È un uomo del ventesimo secolo, ma per sua stessa ammissione è un “provincialotto” e vive nel Maine, luogo isolato, semi-rurale, ed evita le comuni “ricompense” riservate a una celebrità.
Come innovatore, King è stato il primo scrittore famoso a distribuire una storia a puntate su Internet. Ha reinventato il romanzo seriale con “Il miglio verde”, e ha scritto soggetti originali e adattato suoi lavori per lo schermo.
Possiede la stupefacente abilità di saper raccontare una storia, di descrivere una scena nei minimi dettagli e di sviluppare un personaggio perfettamente compiuto (in modo particolare i bambini). E quando decide di fare ciò con le donne, King dimostra tutta la portata del suo talento. Persino i processi mentali di un cane, Cujo, sono stati esaminati per il lettore. L’opera di King piace a giovani e anziani, a uomini e donne, a persone con un background culturale molto diverso, e questo nonostante la natura prettamente americana della sua prosa. Un lettore di King adulto, magari stanco di alcune tematiche, può calarsi nei panni di una persona più giovane con storie come "Gli occhi del drago". Se l’horror vi provoca gli incubi, provate a leggere la sua produzione fantasy; se il fantasy vi annoia, esistono molti suoi racconti tradizionali di spessore, come le storie brevi pubblicate sul The New Yorker o nell'antologia "Cuori in Atlantide". Se vi piace la fantascienza, King propone alcune storie appartenenti a questo filone, sebbene non siano ritenute tra i suoi lavori migliori. King ha lavorato anche nel genere della crime/detective story.
La natura prolifica di King viene spesso usata come arma contro la sua intera opera e la sua posizione all'interno del firmamento letterario. E tuttavia, in una così vasta gamma di racconti, qualsiasi lettore può trovare qualcosa di suo interesse, tranne forse quelli che ritengono che i libri "validi" debbano essere oscuri e illeggibili.
Oltre ad aver creato una mitologia personale, King non ha mai avuto paura di scavare alle radici dell'horror e del fantasy per portare alla luce vampiri, licantropi e case infestate, rinnovando questi temi già ampliamente esplorati. È stato capace di incorporare altri miti nella sua opera (come Oz nel ciclo "La torre nera") o di aggiungere qualcosa a quelli di autori come Lovecraft e Arthur Conan Doyle. King spazia agevolmente da storie innovative ("Il miglio verde") all'efficace rivisitazione di temi classici ("I vampiri di Salem"), per poi tornare alla sua originale tecnofobia. La letteratura horror è zeppa di case stregate, e King ci ha regalato non solo il più famoso hotel infestato di sempre, ma anche un'automobile, una lavatrice, e persino il più efficace lavandino infestato mai immaginato.
Il tema centrale dell'opera di King è quello della lotta tra Bene e Male, tra Lato Oscuro e Bianco. A volte rappresentato in termini religiosi (ad esempio ne "L'ombra dello scorpione", "I vampiri di Salem" e "Desperation"), ma più spesso tramite uomini e donne buoni (come Roland e il suo Ka-tet nel ciclo "La torre nera") che resistono contro le forze del male, molte volte senza successo.
Sin troppo sovente, come nel mondo “reale”, i buoni muoiono, le donne vengono massacrate di botte e le giuste cause vanno in frantumi. King non ha mai rinunciato alla verità di una storia, anche quando è chiaro che non c’è lieto fine.
Tuttavia, l’altro tema portante di King è quello della Speranza e della Redenzione dell’uomo comune, che può riscattarsi e vincere, spesso pagando un caro prezzo.
Come Johnny Smith, protagonista de “La zona morta”, che col suo nome così comune riesce a sconfiggere un megalomane a costo della vita. Stu Redman, l’unico sopravvissuto dei quattro uomini inviati a confrontarsi con Flagg ne “L’ombra dello scorpione”, ha un cognome splendidamente significativo. John Coffey (e la scelta delle iniziali è voluta) non riesce a proteggere due bambine, ma salva un topolino e la vita di una donna, prima che venga strappata da questo mondo in modo crudele. Le caratterizzazioni di King e l’abilità di far empatizzare i lettori con le sue creazioni rasentano il superbo.
A volte ci lega così tanto ai suoi personaggi che non possiamo fare a meno di soffrire quando questi muoiono. King ha spesso fatto notare che non è lui a uccidere i personaggi, ma la storia. Mattie Devore in “Mucchio d’ossa”, il piccolo Tad Trenton in “Cujo”, Nick Andros ne “L’ombra dello scorpione”, Susan Delgado ne “La sfera del buio”, Wolf in “Il talismano” e Oy ne “La torre nera”, sono solo alcuni esempi di questi casi strappalacrime.
I racconti brevi di King ci offrono alcuni dei suoi personaggi più disturbanti, memorabili e unici. Pensiamo a Gary e al suo persecutore in “L’uomo vestito di nero”, a Stella Goldin ne “Il braccio” o al maître del Gotham Café.
Nelle opere maggiori, i personaggi secondari sono spesso i più memorabili. Duddits Cavell ("L'acchiappasogni"), Mister Jingles o Delacroix ("Il miglio verde"), Rhea del Coos ("La sfera del buio"), Quello delle Pattumiere e Tom Cullen ("L'ombra dello scorpione") sono tutti creazioni uniche, e perdurano nella memoria anche dopo aver accantonato il romanzo.
I villain creati da King sono originali (Pennywise, Andre Lenoge, l'Overlook Hotel, Randall Flagg, il Re Rosso), o perlomeno forniscono tratti innovativi a personaggi derivativi (come Leland Gaunt, Kurt Barlow, Max Devore).
Abbiamo anche personaggi per i quali proviamo un giustificabile disgusto – Percy Wetmore ("Il miglio verde"), Ace Merrill ("Il corpo" e "Cose preziose"), Pop Merrill ("Il fotocane") e Roland Le Bay ("Christine, la macchina infernale"), sono tutti esempi di un'umanità odiosa, ma allo stesso tempo sono assolutamente credibili. Un lettore non può credere davvero a un vampiro, a un licantropo o al soprannaturale, ma è facile accettare l’esistenza di questi mostri-umani. Probabilmente ne conosciamo noi stessi uno o due. È incredibile quanti personaggi di King siano autentici e indimenticabili, ed è probabile che col passare del tempo entreranno nelle fila dei personaggi leggendari, al pari di quelli creati da Twain, Tolkien e Shakespeare. Tra i personaggi che potrebbero acquisire una tale longevità ci sono senza dubbio Roland Deschain, Randall Flagg, Jack Torrance, John Coffey e Carrie White.
La capacità di King di creare interi mondi (quello di Roland, ad esempio) o di descrivere magnificamente le vite di piccoli paesi e cittadine, con relativi abitanti, è quasi mitica.
Castle Rock è così rassicurante per i lettori di King che quando torniamo ad addentrarci nei suoi territori è come indossare un vecchio maglione. Derry, una città più grande, è meno confortante, ma bastano poche parole all’inizio de "L'acchiappasogni" per riportarla alla mente del lettore navigato. Il mondo di Roland Deschain è una creazione che rivaleggia con la Terra di Mezzo di Tolkien. I Territori sono stati abbozzati ne "Il Talismano" e abbiamo potuto darvi un'altra occhiata nel finale de "La casa del buio". Senza dubbio, quando King e Straub decideranno di ultimare la storia di Jack Sawyer, avremmo una descrizione più approfondita di quel mondo.
Il Maine di Stephen King è già leggenda. Oltre a Castle Rock e Derry, dozzine di piccoli paesi hanno catturato la nostra attenzione o scatenato i nostri incubi. Per fare un esempio, Jerusalem's Lot è ormai sinonimo di moderno vampiro americano. Ma non è solo la geografia del Maine che Stephen King pennella con tanta maestria. Dai suoi scritti traspaiono le persone, gli stili di vita, la cultura Yankee indipendente e mantenuta con perseveranza, il senso della comunità. Storia dopo storia, al lettore sono presentati benefici e svantaggi dei piccoli paesi e la dura vita rurale del Maine, con tutte le sue imperfezioni. Questo attaccamento a una realtà assoluta è una delle grandi attrattive dell'opera di King, e una delle chiavi che le permetterà di resistere alla prova del tempo. l'articolo di Rocky Wood continua nella prossima puntata.... (leggi la versione in inglese) Profilo dell'autore Rocky Wood: Scrittore e Presidente della Horror Writers Association, è riconosciuto come uno dei maggiori esperti al mondo delle opere di King. Ha vinto il premio Bram Stoker Award per i suoi saggi Stephen King: Uncollected, Unpublished (Cemetery Dance) e ha ricevuto una nomination per Stephen King: The Non-Fiction (Cemetery Dance). La sua prima sceneggiatura per una graphic novel, Horrors! Great Tales of Fear and Their Creators (McFarland, 2010), ha ricevuto una nominations al premio Dark Quill Award. Tra gli altri saggi dedicati a King: Stephen King: A Literary Companion (McFarland, 2011). Rocky Wood è intervenuto a numerose conferenze dedicate a King, tra le quali lo Skemer Con in Colorado (2003), Continuum 3 & 4 (2005, 2006) e il 2° Festival Stephen King Dollar Baby a Bangor, nel Maine (2005). Ha inoltre pubblicato vari altri saggi e articoli sulle opere di King negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Australia.
Questo è il secondo articolo di Rocky Wood pubblicato in Italia; il primo, una recensione di Under the Dome, è stata pubblicata sull'altro mio blog, Mezzotints Arte e Cultura. Potete leggere la recensione qui. Rocky Wood ha scritto l'introduzione per l'ebook Arkana - Racconti da Incubo (Mezzotints Ebook) curata da me insieme a Daniele Bonfanti. Rocky Wood è nei ballottaggi per la nuova edizione del premio Bram Stoker, per la categoria Graphic Novel con il suo Witch Hunts: A Graphic History of the Burning Times scritto insieme a Lisa Morton. Sito Web dell'autore Witch Hunts: A Graphic History of the Burning Times - Trailer
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