Stern, Giuliano e la Corea

Creato il 15 aprile 2013 da Casarrubea

Michael Stern (Oss) e Giuliano a Montelepre (Archivio Casarrubea)

Se volete sapere come si fabbrica un mito, non avete altro da fare che studiare per bene un personaggio longevo la cui vita, possiamo dire, passò tra le armi e la guerra contro i famigerati comunisti, quelli che negli anni Quaranta del secolo passato infestavano la Sicilia e l’Italia e quegli altri che le potenze vincitrici della seconda guerra mondiale avevano ghettizzato nella Corea del Nord. Il Paese di Kim Jong-un, che oggi minaccia di colpire con ordigni atomici gli Usa, le basi americane in Giappone e la Corea del Sud. Perché questo livore? La stampa lo attribuisce al carattere di un giovane grasso e comico, ma a guardare meglio le ragioni stanno nei confini artificiali fissati al di sotto del famigerato 38° parallelo. Forse il presidente nordcoreano non si raccapezza sul fatto che mentre da decenni ormai diversi muri sono caduti nel mondo, quello coreano resta ancora saldamente in piedi, come un monito costante contro i vecchi nemici di un tempo, contro tutti coloro che pensano che il mondo non ha più gendarmi.

Wilson Morris e Giuliano (Archivio Casarrubea)

Quel personaggio quasi centenario morto pochi anni fa si chiamava Michael Stern, l’uomo che da giornalista incontrava il bandito Salvatore Giuliano a piazza San Silvestro a Roma, e veniva in Sicilia per passare momenti conviviali sul terrazzo di casa della famiglia dei Giuliano portandosi dietro l’autista e il ”fotografo” di turno Wilson Morris. E il bandito gli si dimostrava reverente e in cambio gli chiedeva di farsi portavoce verso Truman per fargli avere armi da guerra e munizioni per combattere contro quei comunisti.

Non ci è parso perciò strano che nel 2009 alcuni ministri del governo Berlusconi, e lo stesso capo del governo si siano recati a trovare il vecchio combattente Usa, sulla nave da guerra adibita a museo, l’Intrepid, per rinnovargli i propri ossequi, in nome di quel popolo italiano che essi non potevano rappresentare per rispetto delle vittime della lotta anticomunista in Italia e di quel mandato degli italiani che non avevano avuto.

Grilli, Stern, Tremonti (da ALZinfo)

Stern infatti era capitano del controspionaggio militare degli Stati Uniti d’America e Wilson Morris era un ufficiale dell’Ssu, il servizio di intelligence dipendente da Truman. Il gruppo banchettava, si dava alle passeggiate in montagna, posava per l’obiettivo di Morris che oltre a sapere usare la pistola usava bene anche la macchina fotografica. E Stern annotava e riferiva a chi di dovere. Questa frase potrebbe lasciar pensare al memoriale del monteleprino: “Sull’erba c’era la sua busta portacarte, del tipo militare, a tracolla. Appariva colma di fogli. Dalla parte esterna di ‘mica’ vedevo una carta topografica spiegata probabilmente al quadretto riguardante la zona in cui ci trovavamo. Capì, disse: ‘ – Qui dentro è tutto il mio archivio – ’ ”. E poi Stern precisa: “In America, a Giuliano, durante la guerra, avrebbero affidato senz’altro il comando di un battaglione da sbarco”. Uno sbarco? E dove? Quel falso giornalista non lo precisa, ma quando scrive queste parole è il gennaio 1949 e manca poco meno di un anno e mezzo alla guerra di Corea, la fine di giugno 1950, quando, qualche giorno dopo, il bandito muore ufficialmente in un conflitto a fuoco mai accaduto, nel cortile dell’avvocaticchio De Maria.

Esattamente sessant’anni dopo, mezzo governo Berlusconi va a rendere omaggio a Stern. C’erano oltre a Berlusconi, Giulio Tremonti, il ministro Grilli, il presidente della Camera Fini e qualche altro. Ancora a oggi mi chiedo quale sia stato il senso di tale reverenziale ossequio.

(“Il romanzo di Giuliano” di Michael Stern fu pubblicato in dieci puntate tra il 1948 e il 1949 ne “La Tribuna illustrata”)

Giuseppe Casarrubea


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