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Pur Impero incrisi, gli Stati Uniti non hanno tuttora rivali e non hanno perso ilproprio primato in una specifica attività: la capacità di creare ediffondere miti. La fabbrica dei sogni (o per alcuni la fabbricadelle illusioni e delle menzogne) che è il vero collante ed il verofattore di stabilità sociale di quel grande e controverso PaeseNon so quantorimarrà nei libri di storia della sua vita ma Steve Jobs, ilfondatore della Apple e certamente uno degli uomini che hannocontribuito a costruire il mondo in cui viviamo, ha tutti i requisitiper incarnare il sogno americano dove ognuno può diventare ricco efamoso (ma dove contemporaneamente milioni di persone non riescono adavere quanto è necessario per vivere dignitosamente).La stessa morteprematura per un cancro contribuirà ad accrescerne il mito e lasocietà da lui fondata non si è risparmiata dallo sfruttarel'evento luttuoso per accrescere prestigio, fatturato e profitti.Figlio di un arabosiriano e di una ragazza madre che è costretta a darlo in adozione,rinuncia a conseguire la laurea per non consumare tutti i risparmidei propri nuovi genitori e studia da autodidatta.Valente capitanodi industria (da un'idea nata in un garage è stata realizzata unasocietà che capitalizza in borsa oltre 350 miliardi di dollari),genio tecnologico, grande venditore e creatore di un marchio che èandato ben oltre il semplice prodotto industriale per diventaregriffe di tendenza amata e venerata nel mondo liberal incontrapposizione ai giganti massificati quali Microsoft e Ibm.Solo inpochi hannoricordato che accanto all'immagine innovativa e originale delle sueideazioni ed al mondo democratico ed egualitario di internet, esisteuna realtà di sfruttamento e di sopraffazione.
Nel discorsoall'Università di Stansford c'è tutta la sua filosofia e lafilosofia del sogno americano: per ottenere qualcosa e realizzarequello che si ritiene lo scopo della propria vita bisogna volerlo atutti i costi, essere folli e affamati. Accanto a tutta la retoricadel sogno americano, un discorso suggestivo, affascinante e toccante,un invito di cui tutti dovremmo tenere conto anche quando sogniamo dicambiare la società e la politica italiana.Ma il discorso diSteve Jobs ha suscitato in me anche un'altra riflessione. La sua èuna risposta individuale alla sfida che ci pone la vita. A meinteressano le risposte collettive che riguardano tutti gliindividui.Chissà forsealcuni geni riescono ad esprimere meglio il proprio talento proprionelle (o nonostante le) situazioni estreme: la miseria, la guerra, ladittatura, la malattia.Ma per tutti glialtri e per tutte le persone normali, coltivare i propri sogni e leproprie aspirazioni, tentare di mettere a frutto il proprio talentopiù o meno grande, senza rischiare di compromettere la vita futura, richiede una rete sociale di protezione che garantisca egualicondizioni di partenza, un reddito minimo garantito, un sistemaformativo, scolastico e universitario pubblico e gratuito di qualità,la cura e l'assistenza gratuita per la malattia e per ladisabilità, l'accessibilità a prezzi 'politici' dei serviziessenziali e della casa.Esattamente quelwelfare europeo che la maggioranza degli americani sdegnatamenterifiuta e che l'Italia non ha mai conosciuto in forme realmenteefficaci ed efficienti e che ora per tutti i Paesi colpiti dallacrisi finanziaria si pretende di smantellare.
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