Non bisogna lasciarsi sopraffare da quel che si vede. Credo sia questa la maggiore difficoltà di un fotografo che si è dovuto confrontare con fatti atroci, diventati storia, cioè ricordabili anche grazie alla sua fotografia! L’ha fatto con la più grande umanità e umiltà che si possa trovare nell’immagine fotografica, l’ha fatto senza lasciarsi sopraffare ma con una tenerezza che ci fa esser parte di quei fatti, con qualsiasi reazione uno possa avere, un pochino c’è stato chiunque guardi la sua fotografia; per questo un uomo così si può solo ringraziare!
L’articolo che segue è la quarta parte della storia del fotografo americano Steve McCurry. La terza parte èqui. La seconda parte la trovatequa, la primaqui. Il prossimo articolo, numero quattro, uscirà lunedì 20 Aprile.
La quarta foto è distruzione.
Macerie, nel cuore del mondo. Il fumo, la polvere. Rovine di un posto, resti di un simbolo. Nelle coscienze di tutti una spaccatura, una crepa di paura da cui poi, come edera, monterà la fobia di un’insensatezza chiamata fondamentalismo, perchè da quella crepa usciranno anche (tra gli altri) Madrid 2004 (191 morti), la metropolitana di Londra 2005 (56 morti), Boko Haram in Nigeria, l’attentato a Charlie Hebdo di Parigi, due guerre (Afghanistan e Iraq), l’ISIS.
“Siamo tutti americani”, scriverà sulla prima pagina del Corriere del 12 settembre Ferruccio De Bortoli, il direttore, parafrasando Kennedy di fronte al muro con i berlinesi. Una bella frase, che non trova…
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