Loretta Bonasera
Ancora fino al prossimo 22 dicembre presso la Galleria dell’Incisione a Brescia è possibile ammirare una selezione di scatti che hanno fatto la storia della fotografia contemporanea. Ne è autore Steve McCurry: un nome che potrebbe non suonare familiare ai più, ma se iniziassimo a descrivere uno dei suoi lavori più celebri allora tutti capirebbero. Due occhi verdi smeraldo, un viso di ragazzina accarezzato da un velo bordeaux ed ecco che appare davanti a voi una delle immagini più celebri della fotografia e del giornalismo contemporaneo: Ragazza afgana, Sharbat Gula (Peshawar, Pakistan, 1984). Grazie a questa foto, divenuta la copertina del magazine National Geographic (numero di luglio 1985), lo statunitense McCurry ha raggiunto una notorietà paragonabile a quella di un regista cinematografico hollywoodiano. Amato da molti, odiato da altri, Steve McCurry è sicuramente uno dei fotografi più importanti dei giorni nostri e si è giustamente guadagnato il titolo di “Maestro del Colore”.
Nato nel 1950 a Filadelfia in Pennsylvania, studente con la voglia di viaggiare, ha da subito dimostrato la sua passione per il mondo della fotografia e del cinema. Troppo glamour per essere un vero reporter, troppo polveroso per essere un fotografo di moda. A queste accuse risponde metaforicamente con uno dei premi più importanti: il Robert Capa Gold Medal for Best Photographic Reporting from Abroad vinto grazie al suo reportage condotto in Afghanistan. Spedizione che oltre a sottolineare la bellezza nascosta di quella terra ne ha mostrato, per la prima volta, le laceranti ferite del conflitto. Come ha ricordato lo stesso autore durante l’incontro che ha preceduto l’inaugurazione della mostra tenutosi lo scorso 22 novembre presso l’auditorium del Museo Civico di Scienze Naturali di Brescia, in quei momenti non esiste spazio per la paura ma è obbligatorio trovare il lato positivo in ogni situazione avversa che si presenti.
Coraggioso sì ma soprattutto puntiglioso: quando le condizioni lo consentono costruisce le sue foto con precisione maniacale. La freddezza dei suoi scatti contrasta con i colori saturi delle immagini ed è in questa tagliente contrapposizione che risiede gran parte della bellezza delle sue opere. Racconta lo stesso McCurry: «Per scattare Locomotiva a vapore (Agra, Uttar Pradesh, India, 1983) ho fatto diversi sopralluoghi e ho aspettato a lungo prima che quel treno arrivasse. Il tema dei treni, ispiratomi da un libro che raccontava delle ferrovie in India ho pensato che potesse essere un buon tema da svolgere. Volevo fotografare il Taj Mahal e i treni. Alla fine l’ho fatto».
Accusato spesso di usare e abusare degli effetti della postproduzione McCurry afferma: «Non è la quantità quella che conta. Quello che è importante è riportare ciò che l’occhio ha visto. Inoltre, è molto importante capire chi è il destinatario dello scatto. Chiaramente una foto patinata, destinata a una rivista di moda avrà molta più postproduzione di uno scatto destinato a raccontare altro». In mostra sono presenti alcuni tra i suoi scatti più celebri. Oltre al famosissimo ritratto di cui abbiamo già parlato precedentemente troviamo Elefante e uomo che legge (Chiang Mai, Tailandia 2010) e il bellissimo Tempesta di sabbia (Rajasthan, India, 1983). Ogni fotografia è una parte di mondo difficile da raggiungere, pericolosa ma anche per questo affascinante. Grazie al suo lavoro veniamo inondati di colore e abbiamo la possibilità di assaporare sensazioni altrimenti sconosciute.
A coronare la sua rimproverata duplice essenza ci sono gli scatti per il Calendario Pirelli del 2013. Un omaggio alla bellezza del Brasile sottolineata dalla presenza di alcune tra le modelle di fama internazionale più conosciute. In questa occasione il fotoreporter si è mescolato benissimo alla trama patinata delle foto di moda e ha creato, ancora una volta, un prodotto di comunicazione visiva che passerà alla storia. Lasciando da parte le luci della ribalta, il presenzialismo e la notorietà giustamente conquistata, McCurry è sicuramente uno dei narratori più efficaci del contemporaneo, lontano dalle critiche taglienti e inefficaci, giochino fine a se stesso di alcuni addetti ai lavori. Le sue immagini sono caleidoscopiche cronache del nostro tempo, icone indelebili da cui si può solo imparare.
In copertina: immagine tratta dal Calendario Pirelli 2013