« Al suo confronto, in termini di recitazione, Chuck Norris sembra Laurence Olivier »
(Morando Morandini)
Questo post non era programmato, ma ci sta. Ieri notte ho rivisto per caso Giustizia a tutti i costi (Out of justice), un filmaccio del 1991 che ha come protagonista il nostro marcantonio monoespressivo, Steven Seagal, nei panni di Gino Felino, poliziotto italoamericano delle Narcotici, che indaga sulla morte del suo collega Bobby Lupo. Il film è tremendo, un poliziesco pieno di luoghi comuni sui mafiosi italiani emigrati in America. Il livello dei dialoghi è da pellicola porno (quindi divertenti), le scene d’azione sono truculente e senza pietà.
Praticamente una perla di trash involontario, filone nel quale Seagal ci sguazza da una vita. Però non diteglielo, perché lui la sua carriera d’attore la vede così:
“Nico era un film politicamente impegnato. Sfida tra i ghiacci era un film ecologista; voglio continuare a fare film come questi: pieni di intrattenimento ma che portano la gente a riflettere.”
A pensarci bene, Steven è l’icona perfetta di un modo di fare cinema che è andato scomparendo nei primi anni ’90, anche se in realtà lui – e solo lui – non ha mai smesso di provarci.
Seagal è in grado di farci rivalutare le capacità recitative di Stallone, Schwarzenegger e Van Damme. Mai visto un attore tanto incapace di assumere un’espressione facciale diversa da quella incazzosa che lo caratterizza in qualunque ruolo decida di interpretare. Eppure, a livello di puro divertimento, a volte funziona. Più in passato che non oggi.
Il bello, a differenza di tante altre porcate di film, tipo quelli con Chuck Norris, è che Steven crede davvero di riuscire a infilare qualche messaggio positivo tra scazzottate, arti fracassati, battute sessiste e minacce del tipo “Dì a tuo fratello che se lo vedo in giro gli piscerò in bocca” (Cit.)
Steven è anche una persona dotata di grande spiritualità.
E’ noto il suo impegno come ambientalista oltranzista. Inoltre è un convinto buddista, profondo conoscitore (a suo dire) dello spiritualismo. Gli annali dicono che è stato riconosciuto dal lama tibetana Penor Rinpoche come un Tulku reincarnato. Secondo Seagal in un’intervista del novembre 2006: “Io nascevo molto diverso, chiaroveggente e un guaritore.“
Peccato che il suo caratteraccio e la sua non eccelsa bravura nel recitare gli abbiano causato una brutta fama tra i colleghi.
Tommy Lee Jones, finite le riprese di Trappola in alto mare, dichiarò che non avrebbe lavorato più con Seagal. Colm Meaney, raffinato attore Irlandese che nel film interpretava uno dei cattivi, lo ha definito “Il peggior attore al mondo”.
Per fortuna il nostro armadio ambulante è una persona di spirito sottile: “Sono una persona molto divertente, se posso permettermi di dirlo. Quando facevo Delitti inquietanti con Keenen Ivory Wayans, lui ed io parlavamo di chi fosse il più divertente, e… io lo prendevo a calci tutti i giorni.”
In più è un imprenditore. La sua società vende una bibita il cui nome italiano è uno spasso: il Fulmine Lucente di Steven Seagal. Per tener fede al suo impegno come ecologista, commercia anche una serie di oli omeopatici. Per confermare la fama di duro, ha invece una fabbrica che produce coltelli personalizzati, gli “Steven Seagal” (credo non lo si possa incolpare di finta modestia), dalla lama di 10 centimetri, con tanto di autografo inciso.
Vorrei chiudere questo mio piccolo omaggio con questa perla, trovata nella sua biografia: ha scritto al Primo Ministro dell’India per la creazione di più leggi in favore delle vacche.
Probabilmente lo inserirò in qualche futuro racconto di Due Minuti a Mezzanotte.
Steven Seagal’s Lightning Bolt.
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