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Stiamo staccando la spina all’italiano?

Creato il 13 novembre 2010 da Ippaso

La lingua italiana sta perdendo molti pezzi per strada e ne sta acquistando altri. Mi concentro sui nuovi arrivi, che hanno essenzialmente due origini: quella straniera e quella gergale. Da un lato la tecnologia arriva dall’estero e si porta dietro parole, suoni, espressioni, dall’altro questioni tecniche (o presunte tali) diventano di dominio pubblico.

Ma vi chiedo… Mettereste in una poesia un mouse? O hard disk con cinquecento gigabait di memoria? No, perché queste parole ci suonano male. Spesso gli arrivi dall’estero ci sembrano freddi, inespressivi, una nota stonata nella melodia della nostra lingua.

Siamo invece molto più indulgenti con i termini provenienti dai gerghi. Da sempre è così. Prendendo un esempio del secolo scorso sceglierei “allergico“, mentre per questo in corso “staccare la spina“.

Probabilmente 50 anni fa una maestra avrebbe segnato con la matita rossa l’uso improprio del termine “allergico” (mio nipote è allergico ai compiti, Berlusconi è allergico ai tribunali), mentre adesso è assolutamente sdoganato (altro termine gergale). Carriera ancora più brillante e rapida sta avendo lo staccare la spina. Ormai lo si trova scritto ovunque e in qualunque circostanza.

Facendo solo qualche piccolo esempio del novembre wordpressiano:

il coraggio di staccare la spina
Presepio Natale 2010: staccare la spina
Si può staccare la spina all’orrore?
E’ ora di staccare la spina
Ambarabà Ciccì Coccò (tag: a chi tocca staccare la spina)

E molti altri… Passando ai politici poi… Fini, Bossi, Berlusconi, Bersani, tutti hanno dichiarato almeno una volta di volere o no staccare la spina.

Questo cambiamento della lingua non può essere arrestato: l’italiano ha un bisogno fisiologico (eccone un’altra) di adattarsi al mondo e quindi di cambiare: solo così può sopravvivere. Forse così l’italiano perderà le sue sfumature, i suoi chiaroscuri, in favore di parole più decise, tagliate di netto, e ci sembrerà di perdere molto; ma non è così.

Anche all’interno del linguaggio più tecnico, più freddo e meccanico, l’uomo sa produrre lirica, esprimere passione. A noi non piacerà, e forse oggi non lo capiremo ancora, pazienza.

Pensate a quell’orrendo gruppo musicale che risponde al nome di dARI e alla loro canzone più famosa che inizia con un

Wale come stai Wale questo pome cosa fai?

Per poi proseguire più avanti con un ritornello insopportabile, che culmina in:

Il cellulare ce l’ho già spento
perché per me, sei troppo sbattimento!

Vedete, noi non apprezziamo questa canzone, non ci riusciamo. La troviamo sgrammaticata, banale, scritta male, insulsa. Eppure questo testo è la dimostrazione lampante che ragazzini più giovani di noi han già trovato l’emozione nascosta dietro le espressioni della telefonia mobile. Un pome nel quale speri di uscire con una ragazza, uno scambio di SMS, una ragazza che è troppo sbattimento, un cellulare che resta spento.

Poesia pura.



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