Secondo Stiglitz l’euro è ad oggi come un condannato a morte al quale è stata rinviata l’esecuzione. Insomma, è sì vero che sono stati compresi alcuni meccanismi di ordine finanziario – come l’inefficacia di azioni di prestito alle banche per salvare gli stati e di prestiti agli stati per salvare le banche – ma non è questo il cuore del problema e si tratta in definitiva di questioni molto semplici a cui si sarebbe potuto arrivare ben prima.
Ben poco si è fatto sull’aspetto cruciale della crisi, cioè la crescita economica, sapendo peraltro che non può essere certo conseguita con piani di austerità. Quel po’ che esiste nel merito, la ricapitalizzazione della Banca Europea degli Investimenti, è ben poca cosa ed è stato fatto troppo tardi, sottolinea Stiglitz. E i mercati badano al sodo: sanno che questo non può funzionare, che l’austerità non funziona, e quindi i tassi di interesse sul debito non scenderanno. La Germania nel frattempo sembra far finta di nulla e insiste con le sue ricette nefaste che non possono che portare al fallimento degli stati in gravi situazioni debitorie.
Ciò che davvero può garantire la solidità del sistema finanziario dei paesi in difficoltà – sostiene il premio Nobel – è la ripresa di un robusto processo di crescita. Nessuna regola, per quanto sofisticata, di controllo del sistema bancario, può fare altrettanto. E’ necessario in tal senso ragionare sul fatto che i paesi in crisi finanziaria non riscontravano problemi prima della crisi. Allo stesso tempo la Germania dovrebbe rendersi conto che anche a sua economia dipende dalla tenuta dell’euro e dal buon andamento delle economie periferiche.
Debbono e possono essere messe in campo politiche di intervento alternative, questo è il punto, conclude Stiglitz. Temporeggiare è ormai pernicioso, tanto più che la sfiducia dei mercati non è specifica delle economie deboli della periferia, ma è riferita alla capacità che l’intero costrutto dell’euro sia in grado di funzionare efficacemente, dimostrando di saper riappianare i suoi squilibri.
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