Ad accomunare i due film, oltre alla bravura degli attori, oltre al tema della malattia, è il fatto che né Stephen né Alice si arrendono di fronte alle difficoltà, perciò entrambe le storie diventano, loro malgrado, un inno alla vita e alla forza di volontà.
Alice è una donna forte, ha appena compiuto cinquant'anni e ha costruito una vita che potrebbe essere benissimo un esempio per tutte noi: ha un matrimonio felice, tre figli che stanno cercando di camminare con le proprie gambe e ha una carriera sfavillante come linguista. Sembra tutto perfetto, fin quando Alice si accorge di dimenticare le cose. All'inizio sono solo parole che non le vengono in mente, lasciandole quella sensazione di avere un termine sulla punta della lingua, ma di non riuscire a farlo uscire. Certe volte va a correre e dimentica dove si trova. Giustamente inizia a preoccuparsi e a fare esami su esami, che arrivano a un'unica, drammatica, conclusione: è un Alzheimer precoce. La vita perfetta che con fatica Alice ha costruito va in pezzi. È costretta a lasciare l'università, arriva a non riconoscere sua figlia. Sa quello che l'attende, sa quello che aspetta la sua famiglia. Non è sicura di voler far patire tanto a tutti, non è sicura di voler degenerare fino alla demenza totale. Era meglio avere un cancro, arriva a pensare. E forse ha ragione, forse è così.
L'Alzheimer mi fa paura, una paura immensa. Forse è, in assoluto, la malattia che più mi terrorizza. Anch'io la penso come Alice: forse un cancro è meglio. Il cancro ti lascia solo due strade: o ti curi e guarisci, vivendo una vita normale una volta fuori dal tunnel, oppure muori. Non ha l'opzione che è parte stessa dell'Alzheimer, non ti lascia una vita di cui non sei più minimamente padrone, non ti lascia un'esistenza dove non ricordi più neanche le persone che hai generato, non ti lascia sopravvivere con accanto qualcuno che deve controllare ogni tuo gesto, perché non si sa più quello che potresti fare. Still Alice è, come La teoria del tutto, un film forte e commovente. Molto bello. Per evitare di scrivere più banalità di quelle che ho già scritto, lascio la parola direttamente ad Alice. Quello che segue è un suo discorso, molto sentito e profondo e commovente. L'ho già detto che il film è commovente? Temo di sì.
Chi ci può più prendere sul serio quando siamo così distanti da quello che eravamo? Il nostro strano comportamento e il nostro parlare incespicante cambia la percezione che gli altri hanno di noi e la nostra percezione di noi stessi. Noi diventiamo ridicoli, incapaci, comici, ma non è questo che noi siamo: questa è la nostra malattia. E come qualunque malattia ha una causa, ha un suo progredire e potrebbe avere una cura. Il mio più grande desiderio è che i miei figli, i nostri figli, la prossima generazione non debba affrontare quello che io sto affrontando. Ma, tornando all'oggi, sono ancora viva, so di essere viva, ho delle persone che amo profondamente, ho delle cose che voglio fare nella vita. Me la prendo con me stessa, perché non riesco a ricordarmi le cose, ma ho ancora dei momenti nella giornata di pura allegria, di gioia e vi prego non pensate che io stia solo soffrendo. Se pure sto soffrendo, io mi sto battendo, sto lottando per restare parte della realtà, per restare in contatto con quella che ero una volta. Così "vivi il momento" è quello che mi dico, è davvero tutto quello che posso fare: vivere il momento e non massacrarmi più del necessario per imparare l'arte di perdere. Una cosa che cercherò di conservare è il ricordo di aver parlato qui oggi, se ne andrà: lo so che se ne andrà. Potrebbe essere già sparito domani, ma è talmente importante poter parlare qui, oggi, come la mia vecchia ambiziosa me stessa che era tanto affascinata dalla comunicazione. Grazie di questa opportunità, ha un'importanza enorme per me. Grazie.