Il fatto che McAbee sia il primo a non prendersi sul serio (è lui l’attore protagonista) parodiando la figura dell’eroe (e lo si dice già nella sigla d’apertura che Stingray non è un eroe, lui è semplicemente un cantante lounge), facendogli compiere gesti non-da-eroe (la ridicola stretta di mano col compare), rendendolo sotto un certo punto di vista uno sconfitto dato il divertente finale con la bimba, permettono al film di acquistare una levità d’alto profilo, una capacità di saper intrattenere pur avendo una sostanza aeriforme: è qui, in una piccola produzione indipendente come Stingray Sam, che l’essenza diventa aspetto, piacere nell’assistere alla strampalaggine delle parentesi musicali, agli inserimenti finto-archivistici di collage altrettanto fintamente agèe, ad una particolare struttura di stampo seriale (sei episodi con sigle che aprono e chiudono il singolo segmento) in grado di fidelizzare in appena sessanta minuti lo spettatore. Ottimo lavoro Cory.
Il fatto che McAbee sia il primo a non prendersi sul serio (è lui l’attore protagonista) parodiando la figura dell’eroe (e lo si dice già nella sigla d’apertura che Stingray non è un eroe, lui è semplicemente un cantante lounge), facendogli compiere gesti non-da-eroe (la ridicola stretta di mano col compare), rendendolo sotto un certo punto di vista uno sconfitto dato il divertente finale con la bimba, permettono al film di acquistare una levità d’alto profilo, una capacità di saper intrattenere pur avendo una sostanza aeriforme: è qui, in una piccola produzione indipendente come Stingray Sam, che l’essenza diventa aspetto, piacere nell’assistere alla strampalaggine delle parentesi musicali, agli inserimenti finto-archivistici di collage altrettanto fintamente agèe, ad una particolare struttura di stampo seriale (sei episodi con sigle che aprono e chiudono il singolo segmento) in grado di fidelizzare in appena sessanta minuti lo spettatore. Ottimo lavoro Cory.
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