Se penso a Stoccolma penso all'ordine ed alla perfezione - ma non ad un ordine e ad una perfezione asettici, senz'anima come un robot: no, il fascino dell'ordine scandinavo risiede nel suo contrasto fra la superficie, levigata e pura, e ciò che si agita, tormentato e riflessivo, nei suoi abissi. Perché un po' di questo ribollimento interiore, per quanto racchiuso a tenuta stagna in un silenzio introspettivo, riesce sempre a fuggire un po' in superficie: una bolla ribelle che increspa il pelo dell'acqua, che le regala curve sinuose, ed uno sguardo malinconico.
Se penso a Stoccolma penso che per me è stata come una parentesi, una capsula d'aria incuneata fra la chiusura e l'apertura di due periodi importanti della mia vita. E' stato uno spazio, il momento in cui ti fermi a riprendere fiato, e a contemplare per un attimo la bellezza di ciò che ti circonda - senza obiettivi, senza calcoli, solo per la bellezza fine a se stessa. E così scopri nuovi modi di vedere le cose, nuove parti di te che fino a quel momento erano rimaste inespresse.
Se penso a Stoccolma penso all'acqua ed al legno, a linee pulite ed essenziali ma armoniche, ad una bellezza a tinte chiare eppure decise.
Penso al suo arcipelago, in cui ogni isola sembra avere una sua personalità ben distinta e spiccata: i canali d'acqua separano mondi, diversi eppure simili, parte di una matrice comune, come membri di una stessa famiglia - come facce di una stessa medaglia.
Penso al Parco Ralambshovsparken, dov'era immerso il nostro albergo.
Per giungere in centro lo si fiancheggiava lungo tutta la sponda del Lago Malaren, finché da lontano, sul pelo dell'acqua, si vedono stagliarsi da lontano le guglie appuntite dello skyline cittadino - che con la loro ripidità metallica hanno qualcosa di gotico, ma ripulito dei suoi virtuosismi sopra le righe dalla sobria essenzialità scandinava.
Era una passeggiata di 10 minuti, ma leggera e piacevole come una scampagnata: in mezzo al verde, respirando ed osservando la civiltà svedese, che a tratti ti dà quasi l'illusione di essere un'utopia che si è realizzata.
Gli Svedesi, uomini e donne, sembrano tutti bellissimi.
In apparenza si spostano tutti in bicicletta, e fanno tutti jogging. Hanno cani, e tanti bambini - ovviamente tutti bellissimi, e serenamente posati.
Il primo giorno lo trascorri ad osservare questa perfezione, per cercare di capire dove sia la falla, quale mostruoso, umano difetto debba nascondere.
Ed è ovvio, chiaramente falle e difetti ci sono - non può essere altrimenti.
Eppure ti rendi conto che anche questa perfezione che al primo impatto ti ha colpita è vera - che questo sistema pubblico pulito e funzionante è vero, che questo stile di vita più sano, più attento alle cose che nella vita dovrebbero essere più importanti, è vero.
E che quindi è possibile.
Che esiste una fetta di mondo, di questo mondo, in cui lo è.
E io penso a questo, quando penso a Stoccolma...
Se penso a Stoccolma...
Il primo monumento simbolo della città che ho conosciuto, sbucando attraverso il verde del parco, è il municipio, che in svedese si chiama Stadshuset, ed è molto più di un semplice municipio.
E' una sentinella alta e longilinea, fiera e severa, che si protende con solerzia sull'acqua verso le isole centrali della città.
E' un simbolo di potere fatto di ottomila mattoni rossi, sormontati dalle tre corone simbolo del dominio svedese che in passato si estendeva anche in Danimarca e Norvegia - e non per niente supera di un metro la già considerevole statura della torre del municipio di Copenaghen.
Ma soprattutto è il luogo dove ogni anno si tiene la cerimonia di consegna dei Premi Nobel.
Non è potere fine a se stesso: è potere che premia chi fa qualcosa di significativo per il progresso dell'umanità.
Se penso a Stoccolma penso al Kungliga Slottet, il Palazzo Reale, enorme e maestoso nella sua sobrietà: svedese al 100%.
E' il più grande palazzo reale al mondo ancora abitato, ma lo è in maniera quasi discreta: sa essere imponente e regale senza dominare in maniera schiacciante il panorama cittadino, senza ostentare con snobismo lussi sfrenati.
E' un complesso ma armonioso complesso di arcate e portici, di ponti e scalinate, di cortili e piazzali color ocra che si integrano, con eleganza e con discrezione, nel circostante apparato architettonico della città.
I leoni che lo difendono sono come le guardie in divisa immobili nelle torrette: sono lì per difendere, non per attaccare.
[Il bello delle città non sta nelle tappe obbligatorie, nei posti indicati nelle guide. Il bello delle città sta in quello che scopri per caso e che nessuno di racconta - negli angoli che ti rimangono impressi e che saranno sempre nelle tue memorie ufficiali dietro le quinte.
Saranno la tua personalissima storia con la città, saranno i punti in cui le vostre anime sono entrate in contatto e si sono parlate. Saranno quello che non ti aspettavi e che però c'è, saranno una foto ricordo a cui non sai dare un titolo - e che quindi preferisci lasciare che parli da sola.
Se penso a Stoccolma penso a queste due statue.
Non so quali storie raccontino, che cosa rappresentino - dunque provo a raccontarle io.
Una sirena felice di essere stata rapita da un mostro marino, e una volpe travestita da mendicante.
Entrambe lungo il porto, entrambe di fronte all'acqua.
Entrambe, forse, appartengono a quella parte di Stoccolma che si agita sotto la superficie - quella parte tormentata ed antica che la rende bellissima...]
Ma per me Stoccolma, quella parte di Stoccolma che più sento mia, quella parte di Stoccolma a cui penso di più - è Gamla Stan, la città vecchia, l'isola più interna, il cuore medievale della città.
Un'isola che è un intrico - di viuzze strette e lastricate, di edifici antichi un po' pendenti verso l'interno quasi a volersi fare reciprocamente ombra (o a confidarsi dei segreti), di negozietti, di angoli che sembrano quadri, di piccoli scorci che sembrano appartenere ad un'epoca diversa, di ocra e di rosso.
Vagando per Gamla Stan hai l'impressione di poterti imbattere in qualunque cosa.
La puoi girare un milione di volte ma troverai sempre qualcosa che ti sorprenderà: è un minuscolo universo che si auto-rigenera, che nasconde bellezza e curiosità in ogni angolo.
Le botteghe di Gamla Stan sono come un bazar di stranezze e bellezze dal passato, di mirabilia quasi inquietanti, di vintage ed artigianato.
A Gamla Stan ogni mattone ha una storia da raccontare...
Stortorget è una piazzetta al centro di Gamla Stan - il cuore del cuore.
Il suo skyline scandinavo, con le facciate ricciolute e sinuose delle case, ocra e rosse, racchiude uno spazio minuscolo e raccolto, come uno scrigno antico, che racchiude tesori non fatti di oro e preziosi, ma di ricordi.
E racchiude anche una deliziosa e graziosa torteria, la Chokladkoppen.
Skeppsholmen è un'isola-museo.
Ospita il Museo di Arte Moderna e quello di Architettura, ed un vascello, l'af Chapman, oggi trasformato in albergo.
Ma ospita anche verde e tranquillità.
Il ponte di legno adornato di lampioni bianchi che la collega con la terraferma di Norrmalm, è come un rito di passaggio per regalarsi un attimo di silenzio ed introspezione, magari verso il tramonto - quando le acque del Malaren si fanno più dolci, baciate dall'oro del sole morente, e anche il contorno del panorama cittadino si trasfigura nella luce, apparendo più bello e più lontano.
Se penso a Stoccolma, penso al giardino in cui mi sono seduta a Djurgarden, realizzando solo dopo che in realtà si trattava di un cimitero.
E penso a questa diversa concezione della morte che c'è nell'Europa Settentrionale, in cui i cimiteri in effetti sono anche giardini, in cui poter abitualmente sedersi, riposare, leggere, mangiare - senza che tutto questo sia in qualche modo considerato "irrispettoso" nei confronti dei defunti che qui riposano; ma anzi, forse riuscendo a considerare la morte in maniera più serena, come parte del ciclo della vita.
E penso a queste vasche d'acqua, in cui erano immersi piccoli portafiori sistemati a formare una croce, dove poter lasciare omaggi e ricordi per i defunti.
Di nuovo acqua - acqua che si fa tramite del dolore e del ricordo, che lo ricopre e lo lascia sotto di sè, sempre con discrezione e sobrietà.
Penso poi al lato moderno di Stoccolma - grattacieli, vetri e frenesia, racchiusi da qualche parte a Norrmalm.
Qui Stoccolma si trasforma, lascia da parte la sua bellezza tranquilla e si adatta per un attimo al paradigma occidentale della produttività e dell'efficienza.
E' un prezzo da pagare, un piccolo altare dedicato all'economia ed alla modernità - ma è solo un angolo, quasi trascurabile, quasi nascosto dentro tutto il resto.
E "tutto il resto" è anche fatto di questo, di giardini pubblici con sedie bianche in ferro battuto, dove si aggirano indisturbate intere famigliole di conigli neri - e dove crescono cerchi magici fatti di funghi.
La tradizione, il folklore, le leggende, la Svezia più antica ed autentica non sono poi così lontane dalla sua capitale: sono le radici che la collegano al resto del territorio ed alla sua Storia, sono la sua parte più intima che a volte emerge così, con naturalezza, quasi per caso.
Quando penso a Stoccolma, penso che non la si possa salutare se non così, guardandola attraverso l'acqua, contemplandola mentre si sta per addormentare nell'ultimo saluto del sole, mentre si fa più dolce e malinconica.
E quando la si saluta, è sempre un po' difficile riuscire a dirle addio...
Perché, quando penso a Stoccolma, penso che ci vorrei tornare...
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