Magazine Cinema
Interpreti principali: Edward Furlong, Shaun Sipos, Sam Levinson, Steffen Mennekes
Disponibilità italiana: Da stabilire
Ispirato ad una storia vera.
Quattro detenuti passano come meglio possono il periodo della loro pena giocando a poker e inventando delle crudeli punizioni per chi perde un turno. Quando uno del gruppo si rifiuta di sottoporsi alla penitenza che lui stesso ha proposto, mangiare un intero tubetto di dentrificio, i suoi compagni approfittano dell'occasione per sfogare la propria rabbia e indurlo a rispettare il patto. La situazione però ben presto sfugge loro di mano e si tramuta in un vergognoso episodio di violenza.
Cosa c'è di peggio di passare mesi e mesi in un carcere? L'ergastolo? Non esattamente: la risposta esatta è essere circondati da altri tre galeotti che sono sensibili all'odore di debolezza e non vedono l'ora di allenare le proprie mani sopraffando il passivo vicino di branda, sfruttando l'angustia dello spazio a loro disposizione.
Boll dopo la serie di trasposizioni cinematografiche di celebri videogiochi, continua quello che si potrebbe definire un secondo corso della sua carriera, iniziato con l'ottimo Seed, raccogliendo benevolmente gli innumerevoli guanti (ma anche schiaffi e pugni visto il suo passato da pugile) di sfida dei suoi onnipresenti detrattori (non c'è che dire: bella scelta per un hobby a tempo pieno) che ormai ci avevano preso gusto a fare le ole e i coretti avversi ogni volta che usciva un suo nuovo lavoro. Il denigrato regista questa volta si cimenta nella rappresentazione di un fatto di cronaca accaduto nel 2006 nella prigione di Siegburg in Germania, notizia che probabilmente non avrà avuto questa grande risonanza mondiale ma che senza dubbio meritava un maggiore approfondimento visto che si tratta di un insolito caso umano, una vera manna per psicologi e per coloro che amano crogiolarsi nei labirinti della psiche umana.La questione che ci viene posta è la seguente: qual è stata la molla che ha reso tre tranquilli individui, arrestati per innocui reati e che comunque non riguardavano omicidi, degli insensibili assassini, addirittura capaci di dissimulare la loro malvagità e la loro colpa, mentendo spudoratamente di fronte agli interrogatori?
Dovranno essere gli stessi destinatari della pellicola ad elaborare una risposta all'ostico quesito, visto che l'autore tedesco non è minimamente interessato a fornirci nè la sua visione nè dei validi strumenti per interpretare la problematica. Anzi la sua cinepresa diventa un vero e proprio elemento estraneo, sembra quasi dare fastidio agli attori calati perfettamente nei loro scomodi e disdicevoli ruoli, costretti a improvvisare quasi tutte le battute perchè sprovvisti di un copione bell'e fatto, secondo le precise direttive di Boll. Si tratta allora di cinema d'avanguardia affascinante nel concept ma insoddisfacente nella resa finale? Tutt'altro, Stoic è un film vincente sia nelle premesse che nello sviluppo lontano da retoriche e paternali, è la merda, lo sputo e il vomito umano che vanno ingeriti così come sono, una marchiatura a fuoco rovente che ci mostra come l'uomo possa anche essere l'animale più disgustoso e abietto del pianeta. E' parte integrante della sua - nostra - natura, inutile girarci attorno.
Girato utilizzando un ottimale stile documentaristico, il film può essere considerato come il gemello speculare del seguente e più votato all'azione esterna Rampage, tanto frenetico e agitato quest'ultimo quanto pacato e silenzioso il primo dal momento che si svolge tra le sole pareti di un carcere, se non si contano i frequenti interrogatori tenuti in un'imprecisata stanza al buio. Ad ogni modo si tratta di due riusciti saggi sull'irrazionale violenza umana. Invece per quanto riguarda la concentrazione dell'indolente obiettivo sullo stato dell'immobile vittima, che subisce le più inimmaginabili angherie, Stoic non può che far ricordare Deadgirl (2008) di Marcel Sarmiento e The girl next door (2007) di Gregory Wilson in cui i soggetti torturati suscitano un'indescrivibile compassione con i loro sguardi spenti e persi nel vuoto mentre subiscono i "trattamenti" dei loro carnefici.Le poche pecche, che comunque fanno parte del pacchetto dell'opera, sono da inquadrare nella relativa pesantezza della vicenda, che pare più essere un problema dipendente dalla sua durata complessiva, e nella fotografia anonima, forse voluta dallo stesso regista per essere coerente con il distaccato stile adottato.Boll mette dunque a segno un'altra rete, minore rispetto alla rivelazione di Seed, ma ugualmente capace di lasciare una cicatrice sulla pelle dello spettatore, senza affidarsi a mezzi troppo espliciti nonostante la materia potenzialmente ricca di turbamenti e di eversioni.E secondo me per fare un mestiere del genere, non può che giovargli essere un seguace dello stoicismo...
GIUDIZIO FINALE: 7
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