Se avessi 1 Euro per ogni critica o commento velenosi a proposito dello splendido Stoker, a quest’ora probabilmente aggiornerei questo blog dalla mia villa alle Hawaii. Il fatto è che fin dal momento della sua fuggevole uscita nei cinema italiani, il nuovo film di Park Chan-Wook è stato maltrattato da quasi tutti. Molti si sono scagliati contro l’estrema estetica della regia, imputata di essere quasi un esercizio di stile confinante con il feticismo, altri invece si sono limitati a dileggiare le scelte di casting, prendendosela particolarmente a cuore per la presunta inadeguatezza della parte maschile, interpretata da funzionale glacialità da Matthew Goode. Fatto sta che facendo appello al San Tommaso che è in me, ho deciso di fare come Rhett Butler e di infischiarmene di tutte quelle cassandre che promettevano sventure a tutti i malcapitati che si fossero imbattuti in Stoker. Sorpresa, Stoker è straordinario. Mentre il film cresce (è proprio il caso di dirlo) e si avviluppa alle nostre anime, è impossibile restare indifferenti alla regia suadente e sensuale del maestro che ha regalato al mondo del cinema la trilogia della vendetta. Se gli interpreti funzionano, ognuno a suo modo, interpretando caratteri diversi, affini, complementari, agghiaccianti, attraenti ed indimenticabili, è la sceneggiatura a regalare intelligentemente respiro e spazio alla magniloquente idea di regia di Park Chan Wok. Stoker racconta così lentamente ed inesorabilmente l’educazione sentimentale, sessuale e deviante di una ipnotica Mia Vasikowska, mentre il mondo che la circonda crolla, implode e si trasforma, cambiandola a sua volta da bozzolo a splendida e letale farfalla. La verità è che da un po’ di tempo a questa parte, stiamo assistendo ad una vera e propria campagna, in alcuni casi addirittura una guerra, nei confronti di alcuni autori: Tim Burton, Tarantino, Carpenter, Dante… sembra sia molto di moda sparare a zero su di loro, accusandoli di ripetere continuamente se stessi e di realizzare film decisamente minori. Al di là di ogni polemica sterile, ogni autore gira forse sempre lo stesso film e non esistono pellicole minori ma ognuna serve a completarne la poetica, sembra che alla critica, soprattutto quella sul web, dia fastidio che il mondo intero si sia accorto dell’esistenza dei loro beniamini, decretandone il successo e la fama. Se quando uscì Le iene, Tarantino lo conoscevamo in 15, ora è un fenomeno planetario e così Django Unchained lo hanno visto praticamente tutti. Ho quindi la netta sensazione che finchè qualcosa ci appartiene, restando riservata a pochi eletti, allora merita di essere difesa come una stramaledetta balenottera, ma appena il nostro vicino di casa, che ovviamente riteniamo intellettivamente inferiore a noi, si interessa allo stesso argomento, allora di istinto si comincia la danza del dileggio e dello scherno. Troppo facile amare qualcosa che tutti amano, meglio spostare l’oggetto delle nostre attenzioni verso nicchie di mercato sempre più criptiche ed inaccessibili, magari iniziando a storcere il naso in maniera decisamente snob, appena sentiamo pronunciare uno dei nomi citati prima. “Stoker ? Uno schifo, io che Park lo conoso dai tempi dello straordinario Old boy, quello sì che era un capolavoro… ma tu non puoi capire…” Niente di più sbagliato, presuntuoso e superficiale, il Cinema è Cultura e la Cultura appartiene a Tutti, a me che scrivo queste righe e a te che le leggi, è questa la cosa che lo rende grande ma soprattutto questa è la cosa che lo fa restare Vivo.
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