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Stonehenge, cronaca di una escursione iniziata a Oxford.
Creato il 15 maggio 2013 da Pierluigimontalbanodi Pierluigi Montalbano
Sono le 7 del mattino, ma il sole è già alto a queste latitudini. Si parte presto per assaporare le bellezze culturali del Regno Unito, e un freddo pungente, al quale noi mediterranei non siamo abituati, ci accompagna lungo la High Street, la via che attraversa la piccola città universitaria inglese giungendo fino alla Beaumont Street, dove ci attende il bus per Stonehenge. Sam, la nostra guida, fortunatamente parla lentamente e ci spiega l’itinerario di viaggio, consegnandoci una mappa fotocopiata nella quale sono ben evidenti alcuni luoghi e orari, segnati in un rosso inquietante. Con un sorriso britannico ci fa capire che se dovessimo perderci quelle saranno le ancore di salvezza, ossia i punti di ritrovo nei quali troveremo il bus per rientrare a Oxford. Siamo una quindicina fra tedeschi, italiani, britannici e una giovane giapponese che sfoggia un inglese pulito, senza quelle caratteristiche tonalità che danno un forte tocco british ai locali. Saliamo sul piccolo bus, in realtà uno spartano furgone bianco con 16 posti, e ci accomodiamo nella fila dietro il conducente, una giovane ragazza che con fare sicuro avvia il motore e compie una manovra di inversione a U da brivido, tagliando la strada a tutte le auto in transito. Iniziamo bene…incrociamo le dita e, come di consueto, un bacino beneaugurante scambiato con mia moglie mi aiuta ad affrontare il viaggio. Lungo la strada per raggiungere il sito il panorama offre verdi colline affollate da cavalli, pecore e mucche che pascolano con tranquillità negli ordinati appezzamenti che si susseguono a perdita d’occhio. La giornata è tipicamente inglese, con un cielo grigio attraversato da qualche raggio di luce. Dopo quasi due ore giungiamo nel sito neolitico che si trova vicino ad Amesbury nello Wiltshire. Non distinguo alcuna monumentalizzazione, solo prati verdi e pecore che passeggiano sui lievi pendii, silenziosamente, senza che il forte vento agiti i loro animi sereni. Scendiamo dal bus e Sam ci mostra un cartello con una scritta perentoria: alle 10.20 il bus riparte. Mia moglie indica una collinetta alle nostre spalle, e in un istante mi accorgo di essere giunto nella mitica Stonehenge, la magica località megalitica che da tanto tempo desideravo visitare. Attraversiamo un sottopassaggio, saliamo su una breve rampa e accendiamo l’audioguida, inizia il racconto.
Stonehenge, il più famoso fra tutti i siti megalitici, è situato in posizione isolata nella piana gessosa e ondulata di Salisbury, tra le trafficate A303 e A344. Al primo sguardo, questo enigmatico sito appare più piccolo di quanto immaginato, sebbene la sua più grande pietra misuri quasi 7 metri fuori dal terreno e oltre 2 sottoterra.
L'elemento più esterno della struttura megalitica è il viale cerimoniale (Avenue), che scende per mezzo chilometro lungo una lieve collinetta e consiste in due terrapieni paralleli distanti 12 metri uno dall'altro affiancati internamente da fossati. All’ingresso del terrapieno circolare che racchiude il monumento megalitico, adiacente alla A344, si trova anche la Heel Stone, una grande pietra eretta in sarsen non lavorato. Il più vicino luogo di approvvigionamento di queste grandi pietre è la cava di Marlborough Downs, circa 30 km a nord-est. Si può quindi supporre che queste pietre, la più pesante delle quali raggiunge le 45 tonnellate, siano state trasportate con immensa fatica.
Dalla Heel Stone, spostandosi all'interno del sito, troviamo il terrapieno circolare con fossato. Dovevano esserci almeno due ingressi, quello tuttora visibile rivolto a nord-est e uno a sud. Poco dopo l'ingresso c'è una pietra non lavorata adagiata sul suolo: è chiazzata di rosso per la pioggia che ha sciolto il ferro presente nella roccia e per questo è conosciuta come Slaughter Stone, la pietra del massacro. Intorno al margine interno del terrapieno originariamente c'erano quattro piccole pietre erette, le Station Stones, di cui due ancora visibili. Intorno al terrapieno c'è un anello di 56 pozzetti, le fosse di Aubrey, segnati ora con dischetti di cemento bianco. Nella parte più centrale del sito ci sono le sofisticate formazioni in pietra che rendono Stonehenge un monumento preistorico unico fra tutti quelli europei. Nella costruzione sono stati usati due tipi di pietra: sarsen e bluestone, una pietra blu. I blocchi di dimensioni minori sono i secondi, quelli blu, e provengono da un particolare tipo di roccia che si trova nelle Preseli Hills, nel Galles sudoccidentale a circa 380 km di distanza, forse trasportati nella piana di Salisbury con un viaggio in parte via terra e in parte via acqua. Nella sua forma completa, la formazione di pietre più esterna, consisteva in un circolo di 30 blocchi in sarsen, 17 dei quali sono ancora al loro posto, ognuno pesante circa 25 tonnellate. Le sommità di queste pietre erette erano collegate da un anello di architravi orizzontali in sarsen, ma solo una piccola parte sono ancora al loro posto. I blocchi in sarsen di questo circolo sono accuratamente modellati e gli architravi non solo sono uniti per mezzo di semplici giunti a mortasa e tenone, ma sono anche bloccati da veri e propri incastri a coda di rondine. Le sommità sono inoltre levigate in una leggera curva che segue la linea del circolo.
La struttura in bluestone, concentrica a quella più esterna in sarsen, in origine consisteva in 60 pietre, ma molte sono cadute o distrutte non accidentalmente. All'interno dei due circoli c'è una formazione di pietre a ferro di cavallo, che in origine consisteva in cinque triliti, ognuno formato da due pietre erette che ne sorreggono un'altra orizzontale. Secondo le più recenti ricerche archeologiche, Stonehenge fu costruito e modificato in varie fasi, attraverso diversi secoli.
Nel Mesolitico furono realizzati 4 pozzi che ospitavano grandi pali di legno, seguendo una linea a circa 200 m dal sito odierno. Verso la fine del Neolitico, intorno al 3000 a.C., fu edificato il terrapieno centrale dotato di fossato e delle 56 fosse di Aubrey, sedi dei pali in legno. Al 2500 a.C. possiamo datare il complesso di pali all'interno del terrapieno, le ceramiche, ossa di animali e resti di cremazioni umane trovati nel fossato, e in alcune delle fosse di Aubrey. Infine, intorno al 2200 a.C. furono conficcate nel terreno le grandi strutture in pietra.
Il primo accenno conosciuto di Stonehenge risale al 1135, da parte del cronista dell'epoca Geoffrey of Monmouth, il quale sosteneva che le pietre furono portate da una tribù di giganti dall'Africa all'Irlanda, e da qui fatte volare attraverso il mare dal mago Merlino. Un'altra leggenda racconta invece che furono rubate dal diavolo a una donna irlandese ed erette nuovamente nella piana di Salisbury da mago Merlino per Ambrosius Aurelianus, il re dei Bretoni.
Alcuni studiosi definiscono questo sito “ombelico geomantico dell’Inghilterra”, poiché sorge all’incrocio di tre antichissime vie reali inglesi: la Harroway, la South Down Ridgeway e la Icknield Way, strade preromane che attraversano il paese da Nord a Sud e da Ovest a Est. Alcuni archeologi suppongono che Stonehenge fosse un luogo centrale di culto dove i fedeli affluivano in occasione di suggestive feste magiche. Tali solennità erano presiedute da una dinastia di alti sacerdoti o di arcidruidi, di cui l’ultimo rappresentante pare sia stato appunto il mago Merlino. Il filosofo John Mitchell afferma che Stonehenge non è solo un tempio del Sole e della Luna, ma è un modello dell’Universo. Nel solstizio d’estate, effettivamente, mettendosi al centro del cerchio di pietre, il sole appare sopra lo Heelstone, la pietra del sole (dal celtico heol), un megalito collocato fuori dalla costruzione che consente, avanzando lungo l’asse del tempio, di penetrare nel santuario interno. Con questo ingresso, forse inteso a quei tempi come triade femminile, avvenivano le nozze sacre fra il Cielo e la Terra. e da questa unione nascevano energie che, irradiandosi lungo le ley lines, le vie percorse dalle energie della Terra, giungevano in ogni parte del mondo, rinnovandone la fecondità. Lungo il sentiero che gira intorno al monumento scattiamo qualche foto ricordo e notiamo una stravagante signora in costume celtico, munita di scettro a forma di bastone, e immaginiamo sia l’ultima discendente di quei mitici druidi la cui leggenda oggi, con un intelligente manovra pubblicitaria turistica, i locali vendono ai visitatori spacciandola per realistica verità. La visita si conclude con una pioggia battente e un gelido vento da nord che ci costringe a correre verso il bus.
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