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Stoner, frasi [John Williams]

Creato il 13 marzo 2015 da Frufru @frufru_90

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Stoner, frasi [John Williams]
Benché i suoi genitori, all'epoca, fossero ancora giovani – suo padre aveva venticinque anni, sua madre neppure venti -, Stoner, fin da piccolo, aveva sempre pensato che fossero anziani.
Non aveva progetti per il futuro e non parlava con nessuno delle sue incertezze. 
I suoi genitori furono felici di vederlo e non mostrarono risentimento per la sua scelta. Tuttavia si accorse di non avere nulla da dirgli. Comprese che stavano già diventando degli estranei; e quella perdita accrebbe l’amore che nutriva per loro
Certe volte, immerso nelle sue letture, lo assaliva la coscienza di quante cose ancora non sapeva, di quanti libri non aveva ancora letto. E la serenità tanto agognata andava in mille pezzi appena realizzava quanto poco tempo aveva per leggere tutte quelle cose e imparare quello che doveva sapere.
Da un lato sei capace di lavorare, ma sei anche sufficientemente pigro per lavorare meno di quello che il mondo si aspetterebbe da te. D’altra parte non sei pigro abbastanza per imprimere sul mondo il segno della tua importanza.
«Una guerra non solo uccide qualche migliaio, o qualche centinaio di migliaia di giovani. Uccide anche qualcosa dentro le persone, qualcosa che non si può più recuperare. E quando una persona attraversa molte guerre, ben presto si riduce come un bruto, come quella stessa creatura che noi – lei e io, e tutti quelli come noi – abbiamo sollevato dal fango». Fece una lunga pausa, poi accennò un sorriso. «Non si dovrebbe chiedere a un uomo di lettere di distruggere ciò che ha passato la vita a costruire».
Così Stoner cominciò da dove aveva iniziato, e l’uomo alto, magro e ricurvo che ormai era diventato si sedette in cattedra nella stessa aula dove il ragazzo alto, magro e ricurvo che era stato sedeva dietro a un banco, ascoltando le parole che l’avrebbero condotto fin lì. Ogni volta che entrava in quell'aula non poteva impedirsi di guardare il posto che aveva occupato, e ogni volta si stupiva un po’ di non trovarsi lì.
Capì che Lomax aveva attraversato una sorta di conversione, un’epifania di ciò che le parole possono far conoscere e che però non si può esprimere con le parole: proprio come era accaduto a lui, durante la lezione di Archer Sloane.
Dopo un po’ si era stancato di guardarlo, ma ogni volta che ripensava a quel libro, e al fatto di esserne l’autore, restava stupito e incredulo di fronte alla propria temerarietà. E alla responsabilità che si era assunto.
Pensò al prezzo che avevano pagato, anno dopo anno, a quella terra che rimaneva com'era sempre stata, un po’ più arida, forse, e un po’ più parca di frutti. Nulla era cambiato. Le loro vite erano state consumate da quel triste lavoro, le loro volontà spezzate, le loro intelligenze spente. Adesso erano lì, in quella terra a cui avevano donato la vita, e lentamente, anno dopo anno, la terra se li sarebbe presi. Lentamente l’umidità e la putrefazione avrebbero infestato le bare di pino che raccoglievano i loro corpi, e lentamente avrebbero lambito la loro carne, consumando le ultime vestigia della loro sostanza. In ultimo sarebbero diventati una parte insignificante di quella terra ingrata a cui si erano consegnati tanto tempo addietro.
A quarantatré anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l’amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un’altra.
È facile considerarsi per bene, quando non si ha alcun motivo per non esserlo. Bisogna innamorarsi, per capire un po’ come si è fatti. 
Non riusciva a pensarsi come un vecchio.
«Povero papà», sentì dire a sua figlia, e tornò a concentrarsi su di lei. «Povero papà, le cose non sono mai state facili, per te, vero?». Stoner ci pensò su un momento e poi disse: «No. Ma forse non ho neanche voluto che lo fossero».
Una nuova intimità s’era creata fra loro. Era un’intimità simile all'inizio di un nuovo amore, e quasi senza pensarci, Stoner ne comprese la ragione. Si erano perdonati per il male che si erano fatti l’un l’altra, ed erano rapiti dall'idea di come sarebbe potuta essere la loro vita insieme. Stoner la guardava ormai quasi senza rimpianti. Nella luce morbida del tardo pomeriggio il suo viso sembrava giovane e senza rughe. Se fossi stato più forte, pensava. Se avessi saputo di più. Se avessi potuto comprendere. E alla fine, spietato, pensò: se l’avessi amata di più. Come percorrendo una distanza lunghissima, la sua mano attraversò il lenzuolo che lo copriva e toccò quella di lei. 

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