La condizione di intersessualità, anche chiamata intersex (persone i cui cromosomi sessuali, i genitali e/o i caratteri sessuali secondari non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili) stanno suscitando sempre più dibattito tra i medici e gli psicologi nel mondo. Anche in Italia iniziano ad esserci ricerche e dibattiti specifici sul tema.
Come trattare la condizione di intersessualità?
Intervenire chirurgicamente oppure no?
La tendenza prevalente purtroppo, in quasi tutto il mondo occidentale, è quella di intervenire chirurgicamente sul neonato, stabilendo un sesso specifico. Chi lo decide? I dottori e i genitori discutono la situazione e, in base agli elementi fisici “più pregnanti” (secondo il medico), viene deciso il sesso del bambino.
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Questo meccanismo però ha rivelato diverse falle nel tempo, perché può capitare che i diretti interessati, da adulti, manifestino insoddisfazione riguardo gli interventi subiti da piccolissimi; alcuni di questi in età puberale o in età adulta possono avviare un percorso di transizione, a causa di una disforia di genere (sofferenza legata alla propria identità di genere).
Per avere le informazioni più corrette, esaustive e aggiornate vi rimandiamo al sito Intersexioni.it, dove potete trovare articoli che spiegano bene cosa accade in Italia.
Recentemente è uscito un articolo interessante in Australia, dove il dibattito sull’intersessualità è molto acceso anche a livello pubblico e politico. Ne riportiamo alcuni stralci.
Un gruppo di avvocati ha richiesto che le operazioni chirurgiche sui neonati con condizione di intersessualità vengano interrotte: la richiesta parte dalla costatazione che molte operazioni non sono necessarie medicalmente e sono finalizzate a rinforzare un particolare genere.
“Le operazioni ai genitali non sono necessarie alla sopravvivenza” afferma Gina Wilson, presidente Organisation Intersex International in Australia “sono operazioni estetiche e normalizzanti”.
In una recente presentazione di un’inchiesta in Senato l’organizzazione paragona queste operazioni alla “mutilazione genitale infantile”.
Ms Wilson propone che le operazioni vengano rimandate fino a che il bambino raggiunga l’età per un consenso informato. (…)
Andie Hider, vice-presidente e rappresentante medico per l’Androgen Insensitivity Syndrome Support Group of Australia afferma: “A meno che non vi sia una significativa compromissione che causerà problemi di salute, non credo che ci sia un giustificato motivo di operare”.
Il gruppo, che rappresenta una categoria specifica di condizione intersessuale, ha chiesto una moratoria sugli interventi medici non urgenti. La richiesta rientrerebbe tra le nuove linee guida del governo federale che permettano agli australiani di spuntare una terza opzione, l’opzione ”X”, che significa “indeterminato / intersex / non specificato” su tutti i documenti governativi e passaporti, in vigore dal 1 luglio.
In Senato questa settimana è previsto anche che passi l’“Emendamento sulla discriminazione sessuale” (orientamento sessuale, identità di genere e intersessuali) Bill 2013, che darà protezione giuridica contro la discriminazione alle persone intersessuali, per la prima volta in Australia.
Studi medici stimano che su 250 nascite si presenta una condizione di intersessualità più leggera, mentre su 4500 nascite si presenta una condizione più rare. Questo significa che le condizioni di intersessualità sono più comuni della sindrome di Down.
Melbourne’s Royal Children’s Hospital realizza una o due gonadectomie all’anno, su bambini con criptorchidismo. Qui vengono realizzati anche dalle 10 alle 15 ricostruzioni genitali all’anno, spesso su bambine sotto i 2 anni.
La signora Wilson riporta diversi studi che mostrano insoddisfazione tra le persone con iperplasia surrenalica congenita che hanno subito un intervento chirurgico da neonati.
In Australia, come in molti altri Stati, il trattamento di questi bambini viene messo fortemente in discussione.
Le proposte dirette al Senato da parte dei diversi gruppi coinvolti sono importanti e condivisibili, in un’ottica di rispetto dell’individualità e della scelta personale. Queste operazioni, infatti, hanno chiaramente l’obiettivo di incanalare il genere e il sesso del nascituro all’interno del sistema binario Maschile/Femminile, con la presunzione di indirizzare verso “maggiore benessere”, non si capisce bene sulla base di quali aspetti.
L’unico obiettivo invece è “normalizzare”
Il coinvolgimento della politica, che può essere ingaggiata nella produzione di nuove normative, è di fondamentale importanza; le leggi si pongono come possibilità di apertura e chiusura verso determinate strade.
Inoltre, essere tutelati legalmente significa anche essere riconosciuti. Essere riconosciuti significa sentirsi riconosciuti, e questo è il primo passo per sostenere i bambini che non rientrano nel sistema binario. Anche i mezzi di informazione hanno il dovere di riconoscere e parlare di queste realtà, purchè utilizzino i termini più adeguati, e sopratutto purchè non producano DIS-informazione, rischio sempre fin troppo presente, come questo articolo spiega molto bene.