di Rina Brundu. Ve lo ricordate? Alla donna il Signore disse:
«Moltiplicherò
i tuoi dolori e le tue gravidanze,
con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
ma egli ti dominerà». (Genesi 3, 16)
‘Azzo! Se uno si sveglia dopo avere mangiato pesante dovrebbe valutare bene gli anatemi che lancia! Che francamente a me di ciò che è scritto nella Genesi me ne sbatte una min**a (mi astengo per carità del Cielo di commentare le ultime due righe del versetto di cui sopra), e confesso di essere una miglior fan di Erich Von Daniken. Tuttavia, è proprio durante “quei giorni”, quando ancora alla tua età ti ritrovi a rotolarti sul divano, vittima di dolori lancillanti come una qualsiasi adolescente di primo pelo, e sedutastante ti ritrovi trasformata in una true-believer di qualsiasi divinità disposta a farti o-miracolo, che il sumenzionato passo biblico ti torna alla memoria e le balle cominciano a girarti a mille.
Che poi se hai la sfortuna di avere fatto studi letterari e linguistici, e la fortuna di avere studiato Vladimir Propp e i suoi racconti di fate, ti ricordi anche della mitica capanna nel bosco. Sai quella di Hansel & Gretel, della strega cattiva, che dentro le dinamiche di riti primitivi ancestrali era semplicemente un altro luogo nascosto, distante quanto basta dal villaggio, dove le donne si ritiravano durante… quei giorni. Forse perché impure, forse a cantare le lodi e a celebrare chissà quale sacrificio in onore degli dei che con così tanta non-chalance le avevano condannate a cotanto tristo destino di inutile quanto sadica tortura.
Come ho già detto, duemila anni dopo io quei giorni li trascorro a rotolarmi in poltrona. Canto anche io le lodi del Signore ma il contenuto del mio canto non è riproducibile qui senza impedire alla censura internettiana di cazziarmi la pagina. Che poi se la condanna del terribile dio biblico (non importa che cosa ne pensi Roberto Benigni nelle sue apologie mediatico-generaliste), ti fa incazzare parecchio, la storia della capanna nel bosco ti fa venire la bile, il tutto è in fondo risibile se comparato all’ira che ti prende quando consideri ciò che si sono inventati i moderni geni del marketing delle diverse società produttrici di assorbenti.
Faccio riferimento nello specifico a quel noto “consiglio commerciale” interpretato da un’altra lei che – in virtù dell’essere passata ad usare gli assorbenti con le “ali” (o forse erano gli assorbenti interni) – si trasformava proprio in “quei giorni” in una sorta di Terminator femminile, surfava i cieli in deltaplano, lanciava cavalli selvaggi al galoppo e si produceva in una serie di numeri eccezionali degni dei migliori “angeli volanti” circensi.
Che poi quel solito Dio biblico di cui all’incipit ti raccomandava pure di non bestemmiare: facile a dirsi quando il management di tutto l’apparato riproduttivo è minimo come quello maschile, ma come si fa se sei una donna? Si fa che si bestemmia nei sette empirei e ci si domanda quale sia la legge cosmica che eticamente, moralmente giustifica tanto dolore se, tra le altre cose, non hai neppure alcuna intenzione di riprodurti, di eternare il tuo sembiante e/o DNA; mentre, ad un tempo, non riesci comunque ad impedirti di pronunciare quella bestemmia più grande, la madre di tutte le bestemmie per dirla con Saddam. Eh già! Perché io non ci vado per il sottile e confesso di averlo ribadito più volte: se rinasco voglio nascere uomo, qualche centinaia di neuroni in meno, per lo più collocati più a Sud, valgono bene una vita senza dolore e senza l’idiota del marketing di turno che ti prende per il culo!
Featured image, i mitici Lines seta con le ali.