Storia d’inverno
Titolo: Storia d’inverno
Regia: Akiva Goldsman
Sceneggiatura: Akiva Goldsman
Genere: Fantasy, Romantico, Azione, Drammatico
Durata: 113 minuti
Interpreti: Colin Farrell; Peter Lake; Jessica Brown Findlay: Beverly Penn; Russell Crowe: Pearly Soames; Jennifer Connelly; Virginia Gamely
Nelle sale italiane dal: 13 febbraio 2014
Trama: Inizi ’900. Peter Lake è un ladro braccato da Pearly Soames, il suo mentore e ora nemico, che si sente tradito dal tentativo di voler cambiare vita da parte del suo ex-pupillo. Proprio durante l’ultimo colpo, prima di lasciare New York, Peter farà la conoscenza di Beverly, ragazza altolocata, ma gravemente malata. Il loro amore verrà ostacolato da Soames, e Peter sarà costretto a “sopravvivere” fino ai giorni nostri, prima di poter chiudere i conti…
di Mirko De Gasperis
Stucchevole. Basterebbe questa parola a racchiudere tutto ciò che c’è da dire e che merita questo Storia d’inverno. Ma dato che una recensione va articolata e giustificata, procediamo pure. Non potrà essere peggio che aver visto il film. Pensare che il libro da cui è tratto è stato a lungo conteso da diversi cineasti, fra cui Martin Scorsese, e che viene ancora considerato dalla critica come un libro valido; come ciò sia possibile risulta quasi impossibile da credere, dopo aver visionato la pellicola. A guardarla, sembra davvero che il materiale di partenza fosse stato così carente da dover mettere su dei dialoghi tanto approssimativi e scontati. Lungo tutto il film si parla di bene, male, di ciò che è giusto e sbagliato, senza il minimo dubbio o sfaccettatura, senza articolare niente o presentare delle sfumature. Tutto è tagliato con l’accetta, tutto è grossolano. E lo stesso si può dire delle scene che dovrebbero apparire quantomeno romantiche (non è un caso che sia uscito a San Valentino…), ma che mettono in imbarazzo anche lo spettatore più paziente.
Ma un film di grana grossa non sarebbe stato neanche un gran problema, a dirla tutta. Ci sono sempre stati film ottimisti, bonari, film da spirito natalizio e del “vogliamoci bene, a tutti i costi”. Non basta certo questo a definire un film come non riuscito, se può contare su una trama coerente, etc. Il problema principale di Storia d’inverno è proprio la somma di problemi e di difetti. Se si va oltre questa bonarietà da quattro soldi, si finisce per incappare in scene senza senso (vedi il ladro Peter che entra dentro la villa della famiglia di Beverly per rubare, che viene colto sul fatto dalla padrona e, dopo un dialogo imbarazzante, viene invitato a prendere un thè, perché rivela che non vuole più rubare. Esatto, proprio così. E neanche il fascino di Colin Farrell può rendere credibile una cosa del genere. Punto. E se si superano le scene senza senso, si deve assistere a dei dialoghi aberranti, con la scena fra Peter e il padre di Beverly a farla da padrona, dove i due uomini pensano bene di mettersi a disquisire su come pronunciare le parole, per poi passare a parlare dell’avvenire della ragazza, passando da un tono leggero ad uno serio nel giro di uno scambio di due frasi.
Gli attori principali ci provano a rendere credibili le situazioni e i dialoghi che sono costretti a recitare, ma, nonostante l’impegno, sia Colin Farrell e la pur brava Jessica Brown Findlay (Downton Abbey, Black Mirror) affossano senza pietà. Non che vada meglio ad attori di maggior esperienza come Jennifer Connelly e Russell Crowe, alla lunga noioso col suo fare gigione. La colpa principale per una riuscita del genere della pellicola è da addossare ad Akiva Goldsman, regista, sceneggiatore e co-produtore del film, già premio oscar alla sceneggiatura per A beautiful mind, ma che qui si fa ricordare più per essere stato lo sceneggiatore di Batman e Robin.
Insomma, una bocciatura senza appello, senza ripensamenti. Un film che parte male, continua male, finisce male. Solo questo. E restare a guardare un prodotto del genere è una prova di pazienza, durante la quale lo spettatore sente continuamente di venir preso in giro. Perché dopo aver cominciato a vedere Storia d’inverno ci si augura che quella voce fuori campo si zittisca presto e che Colin Farrell, che parla con un cavallo, sia davvero l’ultima cosa imbarazzante che vedremo… tranquilli, non sarà l’ultima.Curiosità: in un cammeo luciferino (ma sempre imbarazzante e in linea col resto del film) fa anche la sua comparsa Will Smith, che aveva già collaborato con Goldsman in Io, Robot, Io sono leggenda ed Hancock.
- Mirko De Gasperis