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Storia del nuovo cognome / Elena Ferrante. Roma: Edizioni e/o, 2012.
Da quando avevo finito di leggere L’amica geniale il mio unico pensiero era stato quello di comprare il secondo volume della trilogia, Storia del nuovo cognome, per immergermi nuovamente nella storia di Elena e Lila. Ed infatti appena ho avuto una libreria a portata di mano il libro è entrato in mio possesso e io sono entrata nel suo.
Questa seconda parte della vicenda si caratterizza per il fatto che le strade di Elena e Lila si dividono. Elena continua a studiare, mentre Lila affonda in un matrimonio senza amore con Stefano. Infine, Elena fa il grande passo e abbandona il rione per andare a studiare all’Università a Pisa, mentre Lila rinnega il rione per inseguire un amore impossibile ritrovandosi a vivere in povertà.
Periodi di grande distanza – non solo fisica m anche mentale – si alternano a momenti di vicinanza che non sempre però riescono a colmare la distanza che si è creata tra le due amiche. La loro resta un’amicizia sublime e crudele al contempo, in cui non c’è salvezza per nessuna delle due senza il senso di completezza che arriva dal rapporto con l’altra.
In questo secondo volume, sempre narrato in prima persona da Elena – e dunque filtrato dalla sua sensibilità e dall’insicurezza che da sempre l’hanno resa fragile ai colpi di testa di Lila – ci viene regalata a volte anche la versione dei fatti di Lila. Certo, sempre attraverso le parole di Elena, ma come resoconto della lettura dei quaderni (una specie di diario) che Lila ha tenuto per buona parte della sua vita e che ella decide di affidare all’amica per sottrarli agli sguardi indiscreti. In questi quaderni si sgrana l’esistenza di Lila e sempre più viene a galla la sua personalità multiforme ma non per questo immune ai veleni del mondo circostante, nonché la sua profonda dipendenza dall’amicizia con Lena che è linfa e motore della sua vitalità.
Questa seconda fase della vita di Elena e Lila si compendia nel tentativo di mettere in discussione i due legami che – nel bene e nel male – hanno dato forma alla loro infanzia e adolescenza, quello tra di loro e quello con il rione.
L’esperienza del distacco metterà ognuna di loro di fronte a se stesse e a quello che vogliono fare della vita e – al contempo – farà loro comprendere che non è possibile negare quello che sono, non è possibile recidere le radici che - per quanto ingombranti - sono il legame tra qualunque cosa decidiamo di essere e ciò da cui veniamo.
La negazione è parte del percorso formativo e di crescita di ciascuno, ma non può che concludersi – prima o dopo – con la riconciliazione, che in fondo è riconciliazione con noi stessi. La conquista della propria libertà, della propria indipendenza come persone mature e bastevoli a se stesse passa per un’inevitabile rottura, ma non può che concludersi con il ritrovare il proprio se antico in quello nuovo e dar loro una composizione.
Non vedo l’ora di leggere il terzo romanzo. Spero che Elena Ferrante non mi faccia aspettare troppo.
Voto: 4,5/5
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