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Storia Del Rock: “The Dark Side of the Moon”

Creato il 11 settembre 2013 da Thefreak @TheFreak_ITA

Storia Del Rock: “The Dark Side of the Moon”

Un’opera d’arte è la creazione di una mente umana che è riuscita a lasciare il proprio marchio nella storia e nel bagaglio culturale dell’umanità. E’ l’unica definizione calzante, e forse a tratti riduttiva, per introdurre “The Dark Side Of The Moon“, album capolavoro dei Pink Floyd e pietra miliare per l’arte della musica tutta.

Al pari della Gioconda, del Colosseo, questo album è la creazione di una band che ha cambiato la musica così come la conosciamo; L’elogio dovrebbe essere globale, e cogliere tutto ciò che i Pink Floyd hanno dato alla storia, ma vogliamo soffermarci su questo album, o meglio, su questo capolavoro della musica.

Aggiungere qualcosa di inedito a questo album, è compito arduo, e persino riduttivo, poiché le opere d’arte vanno più che altro vissute. Cercherò quindi di intraprendere un’altra via, e tendere lo sguardo in maniera differente, in stile Pink Floyd, al “lato oscuro della luna”.

Partiamo dal momento storico che precede la creazione: Waters, Gilmour, Mason e Wright, orfani del genio anarchico di Syd Barrett, proseguono il cammino musicale della band, dando avvio ad una concezione sublime, forse troppo avanguardista per un pubblico ancora acerbo rispetto a quelle nuove concezioni (Ummagumma ne è facile esempio). Era un periodo particolare per i Pink Floyd, colpiti da un tormento interiore scaturito dalla voglia di uscire da una quotidanità limitante e di intraprendere appunto un percorso ancora più aperto, graffiante, a tratti ingovernabile; Tutto ciò era nella testa di Waters, artefice di idee tra sogno e realtà, con propensioni per folli visioni musicali. “The Dark Side of the Moon” si pone quindi, nel contesto della musica popolare del XX° secolo, come un laboratorio di esperimenti, ai confini del rock più anarchico della prima metà degli anni 70. Padrone incontrastato di questa “rivoluzione del suono” è appunto Roger Waters, che, in qualità di alchimista, pensa, crea, elabora sound nuovi atti a rendere i “Floyd-Sound” unico e riconducibile solo a loro in tutto il mondo. Perla dell’epicentro musicale dei Pink Floyd però è rappresentata anche dal connubio con Alan Parsons, ingegnere del suono e vera perla del gruppo.

Il 24 Marzo 1973 viene quindi scritta la storia: Dall’alchimia e le straripanti idee di Waters nasce l’opera d’arte che avrebbe cambiato da subito il mondo della musica. The Dark Side Of The Moon è la consacrazione a Dei della Musica della Band Londinese. L’album però, viene concepito precisamente nel 1971, durante il tour di Meddle, quando le idee di argomenti “cattivi ed intrattabili” avrebbero dovuto essere soltanto l’integrazione al tour. Waters però non ci sta, decide di proseguire il lavoro con calma, e di lasciare che le idee uscissero fuori come un fiume in piena, giorno per giorno, senza affrettare un processo artistico già significativo. Finito il tour, la band iniziò ad incidere i primi demo nel capanno del giardino della casa di Waters! Solo che i capanno iniziava ad essere piccolo, per le idee rivoluzionare in mente, ed infatti la band affitta un magazzino a Londra, e vi piazza:amplificatori, altoparlanti, un mixer di 28 canali con quattro uscite quadrifoniche e un impianto di luci! Originariamente l’album avrebbe dovuto chiamarsi “Eclipse (a piece for assorted lunatics)”, poiché Dark Side Of The Moon (chiara allusione alla follia per altro), era già un prodotto dei Machine Heads. Il lavoro fu presentato al Dome di Brighton il 20 gennaio del 1972 con questo nome, ma visto lo scarsissimo successo dell’LP, i Pink Floyd decisero di riutilizzare il titolo originario.

Quello che contava di per se non era il titolo, ma la concezione, il perché dell’album; Waters lo spiega come: “un’espressione di carattere politico, filosofico e umanitario che doveva essere comunicata”, che avrebbe dovuto uscire fuori e dare un senso a temi mai trattati, nascosti per bene ad una visione globale di rifiuto. L’album è sperimentazione, musicale, che si fonde con l’avarizia, l’invecchiamento, la morte e l’infermità mentale, tema quest’ultimo ispirato dalle condizioni difficili di Barrett, originario compositore e “front-man” del gruppo nei suoi primi passi musicali. L’album è vive di musica concreta e concettuale che si permea in testi filosofici mai troncati da una “fine”, ma in continuo concatenarsi traccia dopo traccia. The Dark Side è un’opera unica, come unica è la valutazione degli stadi della vita umana così come la conosciamo. L’essere umano va valutato nella sua forma più globale, e nonostante si possano valutare stadi ben precisi, essi non possono essere estrapolati nelle valutazioni, ma valutati globalmente nella sua essenza; Non a caso i primi secondi dell’album sono dei battiti cardiaci, vera valutazione prima dell’umano, ossia la vita, da cui si crea quindi “l’empatia” per il proprio simile; “Speak to Me” e “Breathe” insieme pongono un segnale critico su tutto ciò che è futile nella vita dell’uomo; Futilità che accompagnano la sempre presente incombenza della pazzia, scaturibile dalle insoddisfazioni delle futilità. Sono inni all’esistenza, all’essenza a ciò che più conta, e moniti a liberarsi di ciò che può condurre solo dolore…«Non temere di preoccuparti». La vita dell’uomo è continua evoluzione le scene con il passare degli anni cambiano, si spostano, sono viaggi quindi areoporti, che ci riconducono alla strumentale On the Run (in cui è protagonista il “sintetizzatore”): Questa canzone evoca lo stress e l’ansia provocati dal settore moderno dei trasporti, del continuo scorrere frenetico senza sosta, con conseguente alienazione. Epicentro è lo spunto della paura di volare di Wright. Si passa al mistero e dubbio per eccellenza, quindi “Time” che tratta del modo in cui il passaggio del tempo può controllare la vita di un individuo; Vi è una chiara ammonizione allo spreco di tempo di ognuno di noi, a causa del focalizzare attenzioni su ciò che alla fine, non ha valore. La prima parte termina con The Great Gig in the Sky, profonda metafora della morte, scaturita dallo spreco in Time. Qui si ha un malinconico abbandono, accompagnato da un assolo di voce di Clare Torry, atto a farci capire, che non si hanno possibilità di fronte la morte, padrona del mondo senza preavviso. Il sound della prima parte è altamente folle quanto psichedelico, nuovo avvincente, e cattura l’animo umano; dai tocchi dell’immenso Gilmour al basso mai ridondante di Waters, il trasporto musicale è avvincente e lascia l’ascoltatore di stucco, impaurito ed estasiato. In pieno tormento. Si passa alla prima traccia del lato B, Money, vero scherno dai tratti “pop” all’avarizia e del consumismo; testo ironico ed effetti sonori relazionati alla ricchezza, aprendosi con il suono di un registratore di cassa e il rumore di monete sonanti. Money è stata la canzone di maggior successo commerciale dell’album, dal suono avvincente ed un’allegoria in pieno stile Orwelliano. Si passa ad Us and Them ed al tema dell’etnocentrismo, del confronto e dell’uso di semplici dicotomie per descrivere le relazioni personali, legate al sound esponenziale, dettato da suoni lineari, e dalla difficoltà della gente ad essere umana nei confronti del mondo. Inizia così lo stato di corrosione, di discesa umana: Brain Damage tratta della malattia mentale come risultato del porre la fama e il successo in cima alla lista delle necessità di un individuo. In particolare il verso «And if the band you’re in starts playing different tunes» («e se la band in cui sei comincia a suonare diverse melodie») rappresenta un chiaro riferimento allo stato mentale dell’ex-membro Syd Barrett. E’ il preludio alla fine, ossia all’ultima traccia, Eclipse, dal colpo di scena musicale e concettuale. “Tutto ciò che fai, tutto ciò che ti circonda sotto il Sole è in sintonia, ma il Sole è eclissato dalla Luna.” Il testo assume un significato in cui l’uomo figura come l’elemento che rovina la perfetta coesione dell’ambiente in cui vive. Piena oscurità della mente umana, volutamente ignorata. Di nuovo battiti. Fine. L’album è un continuo divenire, di suoni graffianti rock e psichedelici, coesi con la pazzia dell’animo umano, che nonostante viva di fasi, può essere valutata solo da un punto di vista globale, con un passo indietro da tutto, ed un passo avanti verso ciò che realmente conta.

The Dark Side Of The Moon diventa un successo planetario, spazza via ogni concezione passata, e porta a galla temi mai trattati da una società più impegnata a guardare il futile. Il successo dell’album è solo un piccolo merito della Band, che di fatto ha lasciato al mondo un’opera che crea emozioni al contatto sonoro.

Ascoltai per la prima volta questo album spulciando nei Cd vecchi di mio padre; Ero ragazzino e non capivo ancora a pieno l’importanza extra-musicale dell’album; Il primo impatto fu un rapimento sonoro, un crescendo di emozioni dettate soprattutto dal chitarrista strimpellatore che stava crescendo. Come ogni opera d’arte necessita di tempo per essere assimilata, compresa ed apprezzata. Con il passare del tempo, l’esperienza di Dark Side Of The Moon segna la concezione della musica fatta precedentemente. E’ il confronto con testi e suoni geniali che spingono chi ascolta a porsi delle domande su cosa davvero conta.

Il primo ricordo che mi porta questo album è il disegno del prisma colpito dal raggio di luce, sul furgone di una persona a me cara. Ho compreso a pieno cosa volesse significare quel disegno prima di arrivare alla “mia” conclusione (perché si sa, l’arte è soggettiva), ed è stata l’acquisizione di nuove visioni, per mezzo di un’esperienza che va oltre la musica. L’album mi ha portato ad una sorta di empatia con “la persona del furgone”, e mi ha aperto nuovi orizzonti di pensiero. Una musica libera, incontenibile, che prende tutto ciò che incontra ed inevitabilmente lo trasforma, svelando “l’altro lato della luna” di ogni cosa.

Quando in un futuro si parlerà di cambiamenti dell’umanità, The Dark Side of The Moon sarà oggetto di discussione, quale patrimonio dell’umanità intera.

Ernesto D’Ambrosio


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