Adelbert Von Chamisso, cioè uomo a cavallo tra due secoli, tra la rivoluzione e la reazione, tra la speranza di futuro e la nostalgia del passato. A cavallo anche tra due paesi ai tempi contrapposti dalla guerra, visto che era di famiglia aristocratica francese ma scelse la Germania.
(Thomas Mann disse di lui: Canzoni francesi echeggiarono presso la sua culla.... cantava in francese... ma quel che nasceva era tuttavia grande poesia tedesca).
Scrittore che ebbe uno straordinario successo in vita, e che pure, poesie a parte, in tutto l'arco della sua esistenza, scrisse solo un romanzo breve - o un racconto lungo che dir si voglia. Dopodiché divenne direttore dell'orto botanico di Berlino e fece lunghi viaggi scientifici ai quattro angoli del mondo, lavorando alle sue collezioni naturalistiche: destino da non disprezzare per uno scienziato che sosteneva di non avere più o di non avere ancora una patria.
Qualunque cosa Chamisso si sia atteso dalla scrittura, è un piccolo gioiello la sua Storia straordinaria di Peter Schelemihl, una settantina di pagine che narrano le vicende di un uomo che vende al diavolo la sua ombra. Cosa che non sembrerebbe un grande sacrificio, non fosse che proprio la perdita dell'ombra lo escluderà di fatto da ogni relazione sociale.
C'è molta letteratura a venire, in questo libriccino, da tante pagine sulla normalità che non c'è più fino a quella figura di diavolo borghese - un signore elegante e impacciato, che arrossisce parlando - che mi sembra porti già dalle parti del Maestro e Margherita di Michail Bulgakov. Per non dire di quella perdità di identità di cui è presumibile sia metafora la perdita dell'ombra...
Nello spazio di un viaggio in treno quasi da pendolare me la sono fulminata, questa piccola grande opera. E sono contento che Adelbert Von Chamisso non sia più solo l'eco di un nome incontrato per caso.