L'incidente frontale che è costato la vita il 23 aprile del 2007 ad un uomo di 73 anni in una strada della California, di per sé era una breve di cronaca, anfrattata magari in una colonna. Ma quest'uomo si chiamava David Halberstam e allora tutto si complica maledettamente. Il giornalismo ha perso il miglior reporter che l'America ha avuto negli ultimi cinquant'anni: questo giudizio, avallato da molti esperti del settore, non è tanto un verdetto quanto un rimprovero all'attuale generazione di giornalisti. Halberstam non è assurto agli onori delle cronache per i suoi pezzi mirabolanti, né tantomeno per i suoi fondi illuminati. Halberstam è famoso perchè è riuscito a tenere testa alle autorità statunitensi e per non essersi lasciato intimidire quando lo avevano accusato di essere un traditore. Uno con le palle, insomma. La sua storia giornalistica inizia nel 1955, quando si rifiutò di fare gli stage. Queste sono le sue parole: “Non volevo portare i caffè a nessuno, volevo fare il giornalista”. Cominciò così a fare la gavetta in sconosciuti quotidiani locali, meritandosi la fama di rompiscatole per le sue idee troppo progressiste. Licenziato più volte nel giro di pochi anni, un bel giorno ricevette una telefonata dal New York Times. Venne assunto. Ben presto capì che quello non era un punto di arrivo, ma solo la partenza: il caporedattore Wally Carrol gli fece riscrivere il primo articolo cinque volte prima di passarlo alle stampe. Sei mesi dopo era in Congo per occuparsi della rivolta che era scoppiata in quel paese. Fu ferito, e poi nel '62 partì per il Vietnam. Laggiù capì che le cose non andavano come si leggeva dalle colonne dei giornali statunitensi e cominciò una campagna contro la corruzione che imperversava nelle autorità degli alleati sud-vietnamiti. Fu particolarmente duro con la cognata del presidente che commentò: “Halberstam dovrebbe essere arrostito e sarei felice di fornire personalmente benzina e fiammiferi”. Ma i suoi reportage infastidivano – e parecchio – anche la Casa Bianca. Kennedy chiese all'editore del New York Times di far rientrare Halberstam. L'editore non solo respinse la richiesta ma annullò anche le ferie del reporter per evitare di far credere al presidente di aver ceduto al suo “suggerimento”. Una grande vittoria del giornalismo. Ma la soddisfazione più grande per Halberstam fu il giorno di una conferenza stampa che, come al solito in tutte le parti del mondo, non doveva dare nessuna informazione. Il portavoce dell'esercito statunitense cominciò a dire che alcuni gironalisti stavano “intralciando” l'esercito e che dovevano piantarla. Halberstam aveva solo 29 anni e la stanza era piena di ufficiali. Il giornalista con il cuore che gli batteva all'impazzata si alzò e disse: “Non siamo i vostri caporali, né i vostri soldati. Lavoriamo per il New York Times e non per il Ministero della Difesa”. Disse poi che il popolo americano aveva il diritto di sapere e che lui avrebbe continuato a fare domande. Più tardi avrebbe scritto in un libro di testo rivolto agli aspiranti reporter: “Non fatevi intimidire. Mai”. Ve li immaginate i vari direttori delle testate nazionali e locali oppure i capoccia della Rai? Si sarebbero comportati come Halberstam? Ma va là...
L'incidente frontale che è costato la vita il 23 aprile del 2007 ad un uomo di 73 anni in una strada della California, di per sé era una breve di cronaca, anfrattata magari in una colonna. Ma quest'uomo si chiamava David Halberstam e allora tutto si complica maledettamente. Il giornalismo ha perso il miglior reporter che l'America ha avuto negli ultimi cinquant'anni: questo giudizio, avallato da molti esperti del settore, non è tanto un verdetto quanto un rimprovero all'attuale generazione di giornalisti. Halberstam non è assurto agli onori delle cronache per i suoi pezzi mirabolanti, né tantomeno per i suoi fondi illuminati. Halberstam è famoso perchè è riuscito a tenere testa alle autorità statunitensi e per non essersi lasciato intimidire quando lo avevano accusato di essere un traditore. Uno con le palle, insomma. La sua storia giornalistica inizia nel 1955, quando si rifiutò di fare gli stage. Queste sono le sue parole: “Non volevo portare i caffè a nessuno, volevo fare il giornalista”. Cominciò così a fare la gavetta in sconosciuti quotidiani locali, meritandosi la fama di rompiscatole per le sue idee troppo progressiste. Licenziato più volte nel giro di pochi anni, un bel giorno ricevette una telefonata dal New York Times. Venne assunto. Ben presto capì che quello non era un punto di arrivo, ma solo la partenza: il caporedattore Wally Carrol gli fece riscrivere il primo articolo cinque volte prima di passarlo alle stampe. Sei mesi dopo era in Congo per occuparsi della rivolta che era scoppiata in quel paese. Fu ferito, e poi nel '62 partì per il Vietnam. Laggiù capì che le cose non andavano come si leggeva dalle colonne dei giornali statunitensi e cominciò una campagna contro la corruzione che imperversava nelle autorità degli alleati sud-vietnamiti. Fu particolarmente duro con la cognata del presidente che commentò: “Halberstam dovrebbe essere arrostito e sarei felice di fornire personalmente benzina e fiammiferi”. Ma i suoi reportage infastidivano – e parecchio – anche la Casa Bianca. Kennedy chiese all'editore del New York Times di far rientrare Halberstam. L'editore non solo respinse la richiesta ma annullò anche le ferie del reporter per evitare di far credere al presidente di aver ceduto al suo “suggerimento”. Una grande vittoria del giornalismo. Ma la soddisfazione più grande per Halberstam fu il giorno di una conferenza stampa che, come al solito in tutte le parti del mondo, non doveva dare nessuna informazione. Il portavoce dell'esercito statunitense cominciò a dire che alcuni gironalisti stavano “intralciando” l'esercito e che dovevano piantarla. Halberstam aveva solo 29 anni e la stanza era piena di ufficiali. Il giornalista con il cuore che gli batteva all'impazzata si alzò e disse: “Non siamo i vostri caporali, né i vostri soldati. Lavoriamo per il New York Times e non per il Ministero della Difesa”. Disse poi che il popolo americano aveva il diritto di sapere e che lui avrebbe continuato a fare domande. Più tardi avrebbe scritto in un libro di testo rivolto agli aspiranti reporter: “Non fatevi intimidire. Mai”. Ve li immaginate i vari direttori delle testate nazionali e locali oppure i capoccia della Rai? Si sarebbero comportati come Halberstam? Ma va là...
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