Questo motivo, dovete saperlo, mi ha stregato. Lo ritrovo come una malìa dentro ai gesti silenziosi degli sconosciuti in metrò, nella danza di una foglia autunnale, in molti sorrisi. Mi ammalia e io sono come un serpente che si leva dal suo cesto per inseguire l’illusione di un suono. Negli attimi intensi questo motivo torna da me e mi rimbalza addosso, mi sussurra all’orecchio, mi carezza in segreto. Mi parla nota dopo nota di una passione, di un amico, di un sogno dimenticato. Come un amante egoista arriva e quando vuole se ne va.
Mi ci abituo, rinuncio a scoprire da dove venga, a identificarlo. Fino a che ieri mi capita di salire in macchina: sistemo il sedile, allaccio la cintura, infilo la chiave, metto in moto. La radio si accende automaticamente sull’ultima stazione radio su cui l’avevo lasciata, Rai Radio 3. E, come avrete già capito, lo sento.
Sento le note di questa musica che mi accompagna in segreto da quattro, cinque anni. E’ lì, qualcuno la sta suonando alla radio. Giro il volante, guardo la strada, poi gli argini del fiume. C’è un ragazzo che scende da una macchina con un minuscolo cane al guinzaglio, lo seguo con lo sguardo. Lo vedo allontanarsi lentamente nello specchietto retrovisore e vorrei fare retromarcia, scendere a carezzare quel cucciolo, ma non lo faccio. Non posso scendere dalla macchina, so che alla fine qualcuno a Radio 3 dirà il nome del pezzo che sto ascoltando, svelerà per sempre il mistero della mia musica, allora io devo solo aspettare, come in un giro di giostra.
La musica continua - il pianoforte che bene conosco - e quando arrivo al semaforo la musica finisce. Una speaker che mi pare pizzichi leggermente la s pronuncia il nome del pezzo, io lo annoto con uno scarabocchio sul retro di uno scontrino. Ma non serve, io quel nome lo ricordo e ricorderò comunque: Eric Satie, Gnossiennes 1. Spiega anche che il titolo ha un significato controverso e deriva dalla parola gnosi, ovvero conoscenza, e non siamo sicuri ma crediamo che Satie fosse gnostico e a questo volesse alludere. Oppure deriva da Cnosso, con riferimenti agli antichi miti della Gracia classica. Di colpo sapevo così tanto su quella musica fino a un attimo prima sconosciuta.
Arrivata a casa dei miei genitori, dove dormo in questi giorni in cui sono in Italia, ritrovo le mie cose di sempre, i miei libri di bambina, i miei cd masterizzati. Prendo quello di Eric Satie, masterizzato tanto tempo fa. Ci avevo messo una bella copertina, un collage ritagliato da qualche giornale. Tra le foto c’era anche un cagnolino simile a quello che avevo appena visto. Dovere sapere che questo CD io l’ho masterizzato ma non l’ho mai ascoltato interamente, mi sono sempre fermata alle prime tracce, non sono mai andata oltre la numero 4. Mi piaceva un po’ ma non così tanto, e così non gli ho mai dato una chance.
E adesso indovinate un po’, apro l’astuccio del CD, leggo i titoli delle tracce. La ventesima traccia sono le Gnossiennes di Eric Satie. Quella musica era mia, l'avevo in casa e non lo sapevo. Non avevo approfondito, non avevo ascoltato il CD fino in fondo. Non avevo dato nessuna possibilità a quella musica di arrivare a me.
Ho scoperto grazie a Google che la Glossienne è stata utilizzata per un sacco di film, devo averla ascoltata nel film Il velo dipinto, tratto dal capolavoro di Somerset Maugham, The Painted veil. Una struggente storia di amore, immaturità e scoperta.
A volte i tesori, gli amori, le bellezze più grandi e meravigliose sono a meno di un passo da noi e non ce ne accorgiamo, ed è un dato di fatto.
E’ importante non avere fretta, non essere superficiali, non trascurare di fermarci a guardare anche la sosta della formica, come scrive Roberto Roversi.Non correre. Fermati. E guarda.
Guarda con un solo colpo dell’occhio
la formica vicino alla ruota dell’auto veloce
che trascina adagio adagio un chicco di pane
e così cura paziente il suo inverno.
Guarda. Fermati. Non correre.
Tira il freno alza il pedale
abbassa la serranda dell’inferno.
Guarda nel campo fra il grano
lento e bianco il fumo di un camino
con la vecchia casa vicina al grande noce.
Non correre veloce. Guarda ancora.
Almeno per un momento.
Guarda il bambino che passa tenendo la madre per mano
il colore dei muri delle case
le nuvole in un cielo solitario e saggio
le ragazze che transitano in un raggio di sole
il volto con le vene di mille anni
di una donna o di un uomo venuti come Ulisse dal mare.
Fermati. Per un momento. Prima di andare.
Ascoltiamo le grida d’amore
o le grida d’aiuto
il tempo trascinato nella polvere del mondo
se ti fermi e ascolti non sarai mai perduto.
Prendetevi, vi prego, il tempo di ascoltare questa musica meravigliosa.
Sarebbe un peccato perderci il meglio delle cose soltanto perché abbiamo questa strana, irrazionale, scomposta fretta di fare tutto.