Il treno a Porta Susa si svuota e si riempie. Un ricambio di gente che porta me e il mio vicino a fare gruppo. A difendere quello che s’è conquistato con il sangue e il sudore… Due semplici sedili uno di fronte all’altro con nel mezzo l’enorme custodia di una grossa viola o un normale violoncello. Non sono io il musicista. A malapena riuscirei ancora a far fischiare il triste piffero di plastica che si suonava alla scuola media. Il musicista è il mio dirimpettaio. Un ragazzo sulla venticinquina, pantaloni in fustagno, camicia simil flanella a quadrettoni, giacca in corduroy con toppe sui gomiti e classiche Clarks ai piedi. Fingo di controllare la posta sul mio smartphone, ma in realtà sto cercando di capire cosa sta leggendo lo studente del conservatorio. Sembra però che il musicista non voglia darmi alcuna soddisfazione. Ha addirittura piegato il libro in modo da riuscire a leggerlo con una sola mano, mentre l’altra è occupata a bloccare l’enorme custodia. Solo quando cambia pagina, dispiega il volume, lo erge all’altezza del viso, e mostra cosa sta gustando. Storia di un corpo di Daniel Pennac. Soddisfatto, ripongo il telefono in tasca e attendo l’arrivo a Porta Nuova. Con me lascia il vagone anche il concertista. Il conservatorio è in Piazza Bodoni, non distante dalla stazione.
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