Magazine Diario personale

Storia di una casa (#16)

Da Snake788

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Sono cresciuto in adolescenza e, per quel che posso ricordare dell’infanzia, con una madre tutto-fare. Si svegliava la mattina di buon ora, prima di ogni essere vivente, compreso il gallo, che la nonna allevava nel pollaio, non certo per scopi di richiamo.
Preparava la colazione a tutti noi, per poi filare a lavoro, lasciando sedimentare le proprie raccomandazioni sui nostri occhi ancora stropicciati dal sonno.  Il pomeriggio era a casa a preparare pranzo e cena, e nell’intervallo tra i due pasti, ascoltava e risolveva i problemi di tre figli. Infine, cosa da non sottovalutare, sbrigava le innumerevoli faccende, amplificate da una casa di tre piani. Tutto ciò senza mai lamentarsi con nessuno di noi. Per questo motivo, la presenza di mia madre, era perfettamente assimilabile a quella di un angelo custode: noi sporcavamo e il giorno dopo, era pulito. Non m’ero mai posto il problema di come si facessero certi mestieri né di quanta fatica ci volesse. Di tanto in tanto mi limitavo a osservare quella donna che mi aveva messo al mondo, distruggere le sue giornate tra piatti sporchi e strofinacci unti. Delle volte, in realtà, ho pure tentato di aiutarla con scarsi risultati, venendo scacciato anche in malo modo. Preferiva sempre far tutto da sola. Ma ora che tutti quei compiti avrei dovuto sbrigarli io, come avrei fatto senza un minimo d’istruzione?
Il telefono squillò, producendo uno strano eco in quella casa vuota.
-   Pronto chi è? –
-   Sono Francesco e tu dovresti essere Ciro… -
-   Sì, piacere. Finalmente ci conosciamo! -
-   Già, scusami, ho avuto un po’ di cose da sbrigare con il lavoro e ne avrò ancora per una settimana. Ti avevo chiamato appunto per questo. Ci vedremo la settimana prossima!
-   Va bene futuro coinquilino! –
-   Ah, com’è la casa? –
-   Discreta, ancora devo ambientarmi, oggi è il primo giorno! –
-   Ambientati allora! Ci vediamo lì! Ciao –
Subito dopo la chiamata, ebbi una piacevole sensazione di serenità nel sentire la voce della futura persona che avrebbe condiviso queste stanze con me, gustandone la simpatia nello scambiare qualche battuta. L’ultimo ostacolo era sormontato. Pensai. Il mio coinquilino non sembrava affatto una di quelle creature antropomorfe e rozze che solo la mia mente ossessiva era in grado di concepire. Tirai un sospiro di sollievo e mi concentrai sul da farsi.

Aprii l’anta del mobile bianco, appena dietro la porta del bagno. Sul primo ripiano c’era una moltitudine di prodotti casalinghi disposti su più file. Scostai i primi per accedere agli ultimi, cercando di scorgere qualche marca conosciuta. La mia speranza era di collegare uno di quei prodotti a qualche immagine di pubblicità viste in tv, così da avere uno spunto su come intraprendere quell’ardua missione. Tutto fu vano quando spostai l’ultimo prodotto: pronto legno pulito, che sembrava non far al caso mio. Qui ci vuole qualcuno che se ne intende! Pensai con in mano il cellulare.
-   Madre! C’è bisogno del tuo aiuto! Come si toglie la polvere? -
-   Oh! Il mio figliolo alle prese con le pulizie! Questa devo proprio vederla! -
-   Si mamma, prima o poi dovevo pur imparare! -
-   Certo figliolo mio! Comunque io e tuo padre stiamo pensando di venire lì domani. Così vengo a darti una mano! -
-   Sì ma… non ce n’è bisogno… posso cavarmela… -
-   Ormai è deciso. Ci siamo presi un paio di giorni dal lavoro per salire.  Poi, devo pure vedere dove vivrà il mio figliolo? O no? -
-   Certo mamma… Se volete, potrete anche dormire qui, tanto i letti ci sono… -
-   Bene, così risparmiamo l’albergo.  Ora fammi andare che preparo la cena e le valigie per domani. –
E attaccò senza darmi le informazioni che cercavo.  Tanto domani verrà lei, e sicuramente non si sarebbe fidata delle mie pulizie rifacendole dal principio. La conosco quella donna.

Entrai nella stanza da letto e mi sedetti su un letto, pensieroso. Guardai la finestra che dava su un’altra finestra. Era illuminata e due persone stavano cenando attorno a un tavolo rotondo. Ammirai tanta normalità.
Forse non sarebbe poi così male, avere qualcuno con cui condividere la solitudine giornaliera.


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