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Appena la porta si aprì, Marco mi saltò al collo urlando il mio nome. Era proprio entusiasta di vedermi. Seguì Enrico, la cui emozione si limitò a un sorriso e una stretta di mano. Dopo di loro, mi affacciai subito fuori dalla porta. Vidi le due ragazze che attendevano d’entrare e con fare perentorio esclamai:
- Stop! Voi chi siete? Da dove venite? E perché siete qui? –
Marco rispose per loro – Ci siamo incontrati in viaggio. Erano a Perugia e le ho invitate a venire a Milano anche loro. Ho fatto male? –
- Dovevi avvertirmi! –
- Scusa Cì – rispose Marco con aria fintamente affranta.
Le ragazze ancora timidamente in silenzio e ancora immobilizzate sul pianerottolo ripeterono in coro: – Scusa Cì -
- Ahh… niente scuse! Forza entrate! –
La casa sembrò animarsi di colpo. Il solito silenzio tra le stanze si trasformò in un perpetuo vociare. Mostrai velocemente la casa ai ragazzi. Piacque molto, compresa la camera di Francesco.
- Qui non si entra! – precisai, spingendo tutti fuori.
- E noi dove dormiamo? –
- Non so… in un modo ci arrangeremo… – risposi.
- Perché non possiamo dormire in questa camera? Ci sono tre letti! – disse Marta.
- Marta… le donne non hanno facoltà di parola in questa casa! – ironizzai.
Nel frattempo, Marco ed Enrico entrarono nella camera, stendendosi uno sul letto e l’altro sul divano.
- Ehi! Che fate voi due?! –
- Siamo stanchi Cì… lasciaci riposare un po’… -
- Qui no! –
- Ma perché? Dov’è il tuo coinquilino? – chiese Marco.
- E’ sceso a Benevento… -
- Quindi vorresti dire che questa camera sarà vuota almeno per una settimana? –
- Sì, ma… -
- Yuppie! Allora io dormo qui! –
- Ed io qui… – continuò Enrico stropicciando letto e cuscino.
Le due ragazze invece presero possesso dell’ultimo letto rimasto. – Noi qui! –
Tutti i miei buoni tentativi di farli desistere da quella scelta non vennero nemmeno ascoltati. Nemmeno con la forza riuscii a tirarli fuori dalla camera. Appena riuscivo a cacciare qualcuno, subito ne rientrava un altro. Dovevo cedere alle loro decisioni. Come l’avrebbe presa, Francesco, al suo ritorno? Non doveva saperlo e per farlo intimai i miei amici di non toccare niente e di creare meno disordine possibile. Mi risposero di stare tranquillo. Ma “tranquillo” era l’ultima cosa che mi poteva passare per la mente. Stavo per far dormire dei casinisti patentati in una camera non mia, a cui non osavo nemmeno avvicinarmi per rispetto delle regole di convivenza.
Mentre i miei amici s’ambientavano lanciandosi vestiti, andai in cucina a lavare i piatti che avevo lasciato dalla sera prima. Quand’è che squillò il mio cellulare.
“Francesca”
“Ed ora che le dico?”
- Pronto amore… -
- Tesoro… come stai? Non ti ho proprio sentito oggi… -
- Beh… Bene… -
- Tutto a posto? I tuoi amici sono arrivati? –
- Sì… diciamo di sì… -
Intanto alle mie spalle arrivò Cristina con in mano un vestito nero con strane striature colorate. – Ciro hai mica una stampella per… -
Mi girai immediatamente verso di lei e le feci cenno di tacere. Cristina, imbarazzata si ammutolì all’istante.
- Chi era? – chiese la mia ragazza al telefono.
- Niente… -
- Niente un corno! Ho sentito la voce di una ragazza! –
- Era… Cristina… -
- Chi cavolo è Cristina?!? –
- Un’amica di Marta… -
- Chi cavolo è Marta?!?! –
- La sorella di Marco… –
- E perché sono in casa del MIO ragazzo? –
- Si sono aggiunte al gruppo… -
- Quindi dormiranno da te? –
- Beh… tecnicamente… sì… -
Tuuu tuuu tuuu
Mi attaccò il telefono in faccia. Era decisamente incazzata. Non sapevo cosa fare eccetto lasciarla sbollire.
Intanto, a pochi metri da me, Cristina mi fissava con una faccia colpevole, con ancora in mano il suo vestito nero.
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