Un paio di anni fa a Palazzo Reale fu organizzata una mostra che – vado a memoria – si intitolava “L’arte delle donne”: venivano esposta opere pittoriche e scultoree di famose artiste, in un tentativo di tracciarne una storia al femminile.
Mi aveva lasciato perplesso che non fossero presenti fotografie: una scelta che lasciava suggerire come questa non possa essere considerata Arte, o – in alternativa – che non venisse riconosciuta il contributo fondamentale delle artiste di sesso femminile nello sviluppo della “scrittura con la luce”.
In realtà, sappiamo bene che la storia della fotografia è stata scritta anche dalle donne, che dedicandosi in particolare negli anni 30 e 40 al reportage sociale, diedero un vero e proprio impulso alla capacità di raccontare un momento, una sensazione, una emozione, lontana dal puro spirito documentaristico e illustrativo.
E’ un pensiero che non poteva non ritornare nella mia mente mentre mi accingo a raccontare la storia di una fotografa e di una fotografia: lei è Lee Miller, una reporter davvero capace che ha legato il suo nome ad uno scatto celebre di cui è il personaggio ritratto, e non l’autrice.
Lee, tra l’altro, inizia la sua carriera come modella, nella New York degli Anni Venti, prima di trasferirsi a Parigi ed affermarsi come fotografa di moda; gli anni sono quelli che sono, e nel 1940 Lee viene ingaggiata da Vogue per coprire i teatri della seconda guerra mondiale, e diventerà famosa per i suoi reportage sulla liberazione di Parigi e per quelli, decisamente più drammatici, che raccontano l’orrore dei campi di sterminio nazisti di Dachau e Buchenwald.
Ed anche l’immagine a cui facevamo riferimento, con Lee Miller davanti e non dietro l’obiettivo, è legata alla liberazione dell’Europa. L’autore dello scatto divenuto icona è l’americano David Scherman, corrispondente di Life che accompagnò la Miller sui vari fronti europei e fini per ritrarla così:
Lee non è in una vasca da bagno qualunque. E’ in una vasca da bagno di Prinzenregentplatz 27, Monaco. Non è un appartamento qualunque. Ci abitava un certo Adolf Hitler.
Eccoci qui, Lee è nella vasca da bagno di questo appartamento. Sul pavimento e sulla sedia, una divisa e gli anfibi di tipo militare, a sottolineare ancora una volta come i reporter finiscano necessariamente per condividere tutto con i soldati al fronte, salvo le armi.
Il contrasto fra abito e scarponi consunti e l’eleganza senza tempo del bagno è fortissimo, come è particolarmente intensa la metafora, forse non del tutto intenzionale, di una pulizia corporale in un luogo da cui è derivata una sporcizia universale. Il potere della vita sopra la morte, come commentarono all’epoca, in una foto che ha superato il tempo e che non finisce oggi di attrarre con un fascino senza fine.