Allelujha, giovini et giovinette, allelujha! Questo è un post da ricordare, una recensione che merita laude et gloria aeternam... e un latino che più sgrammaticato di così non si può, ma scusatemi, di liceo classico ho fatto solo tre mesi e poi sono letteralmente scappato con la coda fra le gambe. Seriamente, quella scuola non faceva per me. Ma non perdiamoci in chiacchiere e spieghiamo subito il perché di questa gioia. Come ben saprete, a me piace molto leggere (ho anche pubblicato un libro, quindi basta fare due più due) però non mi ritengo abbastanza bravo per recensire libri. Eppure nonostante divori libri su libri, non mi capita mai di recensire un film tratto da un libro che ho letto. Ebbene, questa volta è diverso, anche perché questa pellicola è stata tratta da uno dei romanzi più belli che ho letto in quest'ultimo anno, ovvero quel La bambina che salvava i libri di Markus Zusak, passatomi da una mia amica particolarmente tettona verso la quale sarò perennemente grato. Ovvio che quindi non potevo di certo farmi scappar il film, cercando di visionarlo a mente sgombra, come dovrebbe fare un vero professionista - o sedicente tale.
Seconda guerra mondiale. Liesel Meminger viene lasciata dalla madre, in fuga dalla Germania per via delle sue idee politiche, a una famiglia affidataria, gli Huberman. Un giorno, durante un rogo nazista di libri scritti da ebrei, la piccola Liesel ne ruberà uno, e da allora...
Confesso che forse ho iniziato la visione di questo film con troppe aspettative. Ma cercate di capirmi, quella del libro di Zusack è stata una lettura così appagante e coinvolgente che, sebbene l'abbia letto solo da pochi mesi, lo sento alla pari di uno dei classici 'libri della giovinezza'. Mi sembra di averlo letto dai primi giorni delle superiori, tanto mi è piaciuto, quindi verso questo film forse sono fin troppo severo. Ma è inutile, perché nonostante tutto, questo film non è proprio riuscito ad emozionarmi. E tolto un buon inizio che mi ha fatto rallegrare per aver mantenuto il punto di vista narrante, ovvero quella della Morte (è lei che racconta in prima persona le avventure della piccola Liesel, nel libro), tutto il resto scivola via senza ferire ma senza rallegrare. Questo è un film che si posa su un'ottima storia - necessariamente abbreviata, a cominciare dal siparietto quasi inutile riguardante i ladri di mele - ma che non è raccontata a dovere, dimostrando quindi che nel cinema il ruolo del regista è davvero quello più importante, perché se a una bella trama non corrisponde una narrazione degna, tutto si perde. Quello che abbiamo è un racconto di formazione, che vede come l'innocenza incontri inevitabilmente la crudeltà del mondo e riesca, nonostante tutto, ed uscirne immacolata, se non sporca solo in superficie. Perché purtroppo l'ignoranza (che è la fonte di tutti i mali) dilaga da sempre in tutto il mondo, ed è proprio con l'innocenza che si può combatterla. Questo vuol dire - giustamente - il film, ma ci sono una lunga serie di fattori che lo fanno vagamente fallire. Vagamente, perché comunque rimane sulla sufficienza e si fa guardare, e se un film così deve essere definito brutto, allora forse dovrei abbassare di una o due stellette molti altri film qui recensiti. Però non posso dire che mi abbia colpito a dovere, anche perché la regia di Brian Percival è classica, troppo classica, così classicheggiante e posata che non riesce a far esplodere i vari momenti clou come dovrebbero. Abbiamo gente che brucia i libri, nazisti ovunque, ebrei deportati, tizi che muoiono e bombe che esplodono, ma nessuna di queste cose è davvero riuscita a colpirmi come dovrebbe, se non fosse per il significato storico e filosofico insito in esse. Per dire, la scena che vede la ragazzina in una Tokyo distrutta in Pacific rim mi ha saputo inquietare maggiormente - e sia chiaro, non voglio paragonare due film così diversi, quanto le capacità narrative dei singoli autori. La sceneggiatura di Michael Peltroni (che per dire, è uno che viene da Le cronache di Narnia, eh) non sa enfatizzare i vari momenti del libro, ed oltre a usare le dovute cesoie per sfoltire una trama ricca di personaggi ed avvenimenti, sia inventati che storici, pone tutto con una maniera quasi casuale che fa cadere a vuoto il senso del titolo di questo film. Anche nella versione cartacea i libri rubati dalla bambina non erano molti, ma era intorno ad essi che si svolgevano le vicende principali. La ladra di libri qui presentata invece dal suo bottino ha poco da imparare, sono solo elementi separati che però non fanno valere la loro funzione metaforica e non danno al film quel tocco in più che poteva farlo davvero decollare. Resta comunque di rilievo il cast che, eccetto per la piccola Sophie Nélisse, vanta due straordinarie presenze come Geoffrey Rush ed Emily Watson. Il film rimane comunque un qualcosa di guardabile e che di certo male non fa, soprattutto per la piccola lezione di storia e ideali che riesce a dare, ma se distaccato da essi non si fa particolarmente ricordare.
Concludo con una piccola riflessione circa il senso di angoscia che mi da il vedere, anche se per fiction, svastiche ed altri addobbi nazisti. E mi vien da domandarmi come mai ci sia ancora gente capace di credere a ideali tanto malati e che hanno saputo fare solo danni.
Voto: ★★½