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Storia di Una Ladra di Libri - La Recensione

Creato il 26 marzo 2014 da Giordano Caputo
Storia di Una Ladra di Libri - La RecensioneSpesso uno sguardo minimale aiuta. Non allargare gli orizzonti e stringere il cono visivo su un dettaglio, un particolare, una storia minore, non necessariamente è segno di pochezza o risparmio, ma può essere interpretato semplicemente come pura, astuta perspicacia. Quello della Storia poi è un terreno che di fertile ha lasciato ben poco e se andiamo a stringere sulla Seconda Guerra Mondiale, i Nazisti e gli Ebrei la situazione non può fare altro che peggiorare, quindi perché ostinarsi a voler coltivare ancora gli stessi frutti? Perché non cambiare seme o provare a cercare una prospettiva inedita, rovesciata?
Già, perché non farlo? Probabilmente la risposta è contenuta in quelle solite mura di protezione, le stesse che "Storia di Una Ladra di Libri" anziché abbattere con bombardamenti pesanti preferisce abbracciare per trovare conforto, coccolandosi a volte, e perdendo tra esse tempo prezioso e attrazione. C'è tutto infatti nella pellicola diretta da Brian Percival, qualsiasi cosa possa entrare a far parte di una pellicola ambientata tra la fine degli anni trenta e la metà degli anni quaranta non se la lascia sfuggire, trascinandola a forza in una sceneggiatura che appesantisce sempre più, rimanendo a tratti persino indigesta. C'è l'abbandono di una bambina da parte di madre comunista in fuga, la morte del fratellino più piccolo, l'adozione di una figlia a una famiglia per bene costretta ad accettare il dominio di Hitler nel paese, il rifugiato clandestino, la brutalità dei tedeschi, l'infanzia rubata, l'amore, le bombe, la guerra. E infine i libri e la cultura. Già, solo infine però, solo in piccola parte, la migliore probabilmente, se non per sviluppo quantomeno per significato globale.
Storia di Una Ladra di Libri - La RecensioneSenza averne le minime possibilità Percival tenta quindi di mettere in piedi un kolossal memorabile, di comporre un tessuto narrativo in perenne estensione pur non avendo a disposizione la stoffa. Per farlo è disposto a minimizzare il titolo del suo lavoro, pensando meno alla ladra di libri e al suo bisogno di crescita e di salvezza e incoraggiando spazi forzati in cui a venir fuori, teoricamente, dovrebbe essere commozione e dolore, il più delle volte meccanizzati entrambi. Finisce per strabordare quindi la sua pellicola, con un atteggiamento che anziché liberarsi e alleggerirsi dai pesi scomodi è concentrato ad aggiungere e aggiungere, e quando non sono i fatti è la manciata di retorica, quella di seconda mano, che se non disturba comunque neppure stimola. Così facendo l'appoggio fermo di Geoffrey Rush sfuma in un personaggio utilizzato in maniera parziale e non ottimale, leggermente meglio invece va ad Emily Watson, che perlomeno si rende protagonista della scena migliore della scaletta, l'unica in cui è possibile udire un filo di cuore battere e pulsare davvero.
Il troppo storpia, insomma, e "Storia di Una Ladra di Libri" ne è test verificato. Un drammone ripieno di migliaia di ingredienti, aggiunti ognuno senza alcun minimo di regolazione, una di quelle esperienze cinematografiche, per intenderci, dove i titoli di coda non sono solo la cosa più attesa ma funzionano anche da buon digestivo.
Trailer:

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