“Storia di una ladra di libri” fu pubblicato nel 2005 dallo scrittore australiano Markus Zusak. Il titolo, inizialmente, era “La bambina che salvava i libri”: fu cambiato in seguito all’adattamento cinematografico del 2013 che si intitolava appunto “Storia di una ladra di libri”.
Breve trama:
E’ il 1939 nella Germania nazista: la Morte, in veste di narratrice curiosa e partecipe, racconta la storia di Liesel Meminger. Al funerale del suo fratellino, la ragazzina raccoglie un libro caduto dalla tasca di uno dei becchini: il Manuale del Necroforo. Naturalmente la bambina non sa leggere, ma decide di tenerlo con sé in ricordo di quel doloroso momento. E’ il primo di una lunga serie di libri che ruberà.
Abbandonata poi dalla madre, Liesel giunge in HimmelStrasse a Molching: è l’inizio della sua nuova vita di figlia adottiva di Hans e Rosa Hubermann. Nella Via del Paradiso (Himmel= “paradiso”, in tedesco), Liesel incontra Rudy che diventerà il suo migliore amico e le appellerà il soprannome di “ladra di libri“. La ragazzina, infatti, dopo aver imparato a leggere di notte grazie a suo papà, strapperà i libri dai roghi dei nazisti ( «ai tedeschi piaceva bruciare cose. Negozi, sinagoghe, case e libri»), e li “prenderà in prestito” dalla biblioteca della moglie del sindaco. Quando poi la famiglia Hubermann nasconderà in casa un ebreo, di nome Max, le parole e i libri diventeranno per Liesel ancora più importanti di quanto non lo siano stati fino ad allora.
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Devo ammettere che, da cattiva Lettrice Estinta, ho visto prima il film e poi mi è venuta voglia di leggere il libro.
Naturalmente, come al solito, non c’è nulla da fare: il libro batte 10 a 1 il film!
Definirei questo romanzo “umano”, in quanto indaga le sensazioni e gli atteggiamenti tipici dell’uomo: dalle sue pagine traspare, infatti, tutta la varietà di sentimenti che lo caratterizza e la forza che ognuno riesce a trovare dentro di sé.
Partiamo dal contesto: la Seconda Guerra Mondiale. La più devastante di tutte.
Siamo abituati ad indicare i tedeschi come “i cattivi”: questo romanzo ribalta completamente l’ottica e mette in mostra come il pensiero di molte delle persone tedesche fosse tutto tranne che conforme a quello che Hitler predicava.
<<Quanti di loro avevano attivamente perseguitato altri, fanatizzati da Hitler, ripetendone le frasi, i paragrafi, l’opera? Rosa Hubermann era colpevole? Lei che nascondeva un ebreo? O Hans? Meritavano tutti di morire? E i bambini?>>
Una di queste è Hans Hubermann che è il personaggio che più mi ha colpito con la sua umanità. Hans è la semplicità fatta persona, <<i suoi occhi erano fatti di bontà e di argento>>.
Oltre ad accogliere in casa un ebreo, Hans non si è iscritto al Partito Nazista (gesto considerato da incoscienti) e ha aiutato pubblicamente un ebreo, offrendogli un pezzo di pane.
<<Che stupido sono>> disse Hans Hubermann alla figlia adottiva << e pure gentile, il che fa di me il più grande imbecille di questo mondo. Il fatto è che io voglio che vengano a prendermi. Tutto è meglio di quest’attesa.>>
E’ molto strano come una guerra possa ribaltare i valori e i principi morali: lui si sentiva uno stupido perché era stato umano, mentre i soldati nella loro bestialità erano considerati degli eroi. La Morte, infatti, è sorpresa da questo: come possono due esseri umani, fatti della stessa sostanza, essere così diversi? Essere crudeli e gentili nello stesso tempo?
<<Vedo la loro bruttezza e la loro bellezza, e mi domando come la medesima cosa possa essere entrambe.>>
Spesso anche io mi interrogo su come una persona possa apparire buona e poi in realtà rivelarsi tutto il contrario. I fatti di cronaca nera che ci mostrano questo sono all’ordine del giorno: era una “brava persona” si sente ripetere dai conoscenti. Come è possibile che questa “brava persona” recasse in sé tutto questo odio e questa rabbia?
Mi sembra quasi impossibile.
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Vorrei adesso esporvi una altra tematica che mi sta a cuore: il potere delle parole di nutrire lo spirito.
Questo è un tema molto caro a noi lettori che siamo coloro che hanno la sensibilità adatta a capire che un libro possa seriamente salvarti la vita. Markus Zusak lo scrive a proposito di Liesel:
<< Stringeva ancora a sé il libro. Si aggrappava disperatamente alle parole che le avevano salvato la vita.>>
Liesel, secondo me, rappresenta tutti noi Lettori: i libri sono il nostro scudo dalla realtà esterna, sono la nostra casa dove rifugiarci quando sembra che tutto vada storto o semplicemente ci capita di aprire le pagine di un libro solo per trovare un po’ di pace.
Questo romanzo mi è piaciuto molto. Oltre alla centralità del tema dei libri come “salvavita”, mostra la vera umanità degli uomini in periodi duri come quelli della guerra e riesce a fare ciò soprattutto perché è la Morte, giudice imparziale ed oggettivo, a raccontarlo: nessuno può sfuggirle e ognuno si rivela nella sua vera essenza. Il tutto è alleggerito da una scrittura piacevole ed arricchita da termini popolari. Amanti del tedesco, ve lo consiglio!
Concluderei con una frase che mi ha affascinato molto, pronunciata dalla Morte:
<< Mi meraviglia sempre la forza degli esseri umani, che riescono a rialzarsi, seppure barcollando, persino quando fiumi di lacrime inondano i loro volti.>>
Lettori Estinti ora tocca a voi: cosa pensate di questo romanzo di Markus Zusak? Vi ha appassionato La storia di una ladra di libri?
-Non dovremmo bruciare i libri – Abbiamo promesso di ritornare -Abbiamo corso e siamo cresciuti come bambini -Abbiamo pregato per un futuro migliore -Abbiamo mentito e pianto perché eravamo felici -Abbiamo rubato e chiesto un bacio -Abbiamo visto il mondo in un modo diverso -Abbiamo parlato con la Morte come se fosse una nostra vecchia amica.