Magazine Cinema

STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI (The Book Thief)

Creato il 01 aprile 2014 da Ussy77 @xunpugnodifilm

StampaL’operazione commerciale si lascia scappare lo spirito del libro

Melodrammatico, istruttivo e gonfio di retorica, Storia di una ladra di libri (The Book Thief, 2013) è l’ennesima operazione commerciale, che si ripromette di parlare al cuore degli spettatori utilizzando stucchevoli mezzucci, che producono la facile lacrimuccia.

Germania 1939. Liesel Meminger è una bambina che ha perso il fratellino ed è stata abbandonata dalla madre, che ha dovuto lasciare il paese a causa delle sue idee politiche. Adottata dalla famiglia Hubermann, Leisel si appassionerà alla lettura grazie all’aiuto del “padre” Hans e dell’ebreo Max, nascosto nella cantina degli Hubermann.

Emozionante, poetico e struggente. Si sono spesi aggettivi enormi per l’opera prima di Brian Percival. Tuttavia l’impressione è che Storia di una ladra di libri sia un prodotto che costruisce una storia semplice e banale, un’operazione commerciale che spinge sul tasto emotivo dello spettatore, riservandosi la parte accattivante per una conclusione, nella quale la musica di Williams alza i toni e gli occhi di Liesel si riempiono di lacrime. Questo è (più o meno) il quadro sintetico di Storia di una ladra di libri, che perde di interesse nel momento in cui non approfondisce (e persegue) un tema portante, ma si prefigge l’obiettivo di toccarne talmente tanti da risultare superficiale. La pellicola sciorina (in successione) temi come l’amicizia, la bontà, il terrore di una guerra, la famiglia, l’insensato odio e la cultura custodita nei libri, nella scrittura e nella parola. Ma quest’ultimo tema (portante all’interno del libro) si perde in fugaci visite nella biblioteca della moglie di un capo-mastro nazista, nell’intimo rapporto tra Liesel e Max (un ebreo nascosto nella casa dei genitori adottivi) e nel furto di un libro carbonizzato nel falò delle vanità naziste.

E allora ci si chiede da dove derivi un titolo tanto esemplificativo se l’intero film si rivela un convenzionale e semplice affresco di una famiglia tedesca (vittima impotente ai tempi della Seconda Guerra Mondiale). E purtroppo non vi è risposta, perché neppure la pellicola riesce a darla, mettendo esclusivamente in fila avvenimenti che ostentano umanità e quotidianità in un piccolo paese tedesco. Tutto il resto appare approssimativo e l’impianto narrativo, intento a brancolare nel buio, ne è la conferma. Rastrellamenti, barbarie naziste e discriminazioni razziale vengono sfiorate e raggruppate in un calderone dalla retorica scintillante, ma decisamente scontata.

Uniche reali note di merito sono le interpretazioni dei protagonisti; difatti Geoffrey Rush è il personaggio empatico, dotato d’immensa bontà e (giustificata) accondiscendenza, Emily Watson è la dura e inespugnabile fortezza delle emozioni che si fa adorare nei suoi cambiamenti di umore (repentini e inaspettati) e Sophie Nélisse è la giovane protagonista, che accompagna gli spettatori all’interno della vicenda de La bambina che salvava i libri (il bestseller da cui è tratto il film).

Per il resto Storia di una ladra di libri non appare particolarmente avvincente e appassionante. È un melodramma didascalico, la classica pellicola ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale (nella quale si ostentano strazianti addii, bombe e morti), che non sbatte in faccia allo spettatore l’odio antisemita, ma preferisce raccontare la vicenda con un taglio diverso, decisamente più favolistico e leggero. Mentre alla Morte viene lasciato il compito di fare da narratrice esterna.

Uscita al cinema: 27 marzo 2014

Voto: **1/2


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :