Magazine Diario personale

Storia di una plafoniera

Creato il 10 gennaio 2016 da Povna @povna

La scuola è ricominciata, intensa (perché le scadenze amministrative sono molte, e perché la ‘povna quest’anno non potrà contare nemmeno un po’ sul lungo marzo, e dunque a partire già da ora si organizza), e insieme sciolta (perché le Giovani Marmotte sono in stage, e dunque lei deve seguire sì i suoi quattro tutorati – Babe, Palinuro, Hipster e Sing Sing – negli studi tecnici, ma uscire, camminare per le vie della città, scambiare biglietti da visita e una mezz’ora di conversazione amabile, più un mail al giorno per lei non è lavoro). Resta così, a casa, dopo la piscina e la correzione dei primi nuovi pacchi di verifiche (che martedì, e pur senza Marmottini, saranno in tutto sette) il tempo per avvantaggiarsi (vista la previsione di molti pomeriggi di coast to coast, futuri). E’ con questo spirito che la ‘povna giovedì sera è in cucina, intenta a preparare il pasticcio di verze e zucche; ed è con spirito invece malevolo che la lampada centrale, e unica, della stanza, dopo un lieve sfarfallio di avvertimento, improvvisamente boccheggia e muore.
La ‘povna guarda in su, e subito bestemmia. Bisogna sapere infatti che le lampade fisse in dotazione in via dei Ciliegi, fornite dalla proprietà  sono, senza distinzione, tutte, delle plafoniere da soffitto, legate al loro supporto con il classico sistema a tre cerniere. Che si trattasse di un accrocchio complesso la ‘povna lo aveva già intuito anni fa, al momento del trasloco, quando aveva chiesto ai gentili operai di provvedere all’apertura e messa in opera. Loro lo avevano fatto veloci sì, ma non troppo. E la ‘povna aveva pensato tra sé: “Appena una di questa si fulmina saranno con evidenza cazzi amari”.
I quali si propongono, appunto, alle nove di sera di giorno feriale, senza lampadine in casa e con poche risorse. La ‘povna, suo malgrado, per principio, prende comunque lo scaleo, prova ad arrampicarsi; prende atto che, quanto meno con l’attrezzatura sua propria, non è caso che riesca, scende, appronta una luce di fortuna e racconta tutto in chat, agli Amicolleghi.
“Ma no, la plafoniera, è facilissimo!” – interviene SaiMon, che le fornisce in diretta non uno ma due possibili tutorial di smontaggio.
“E’ tutto molto bello, grazie” – la ‘povna gli sorride sincera (si sta molto divertendo) – “ma io sono su una scala, peraltro troppo bassa, con una mano mi tengo, con l’altra non posso fare tutte queste cose che tu dici”.
Seguono un altro paio di scambi, SaiMon, che è didattico dentro, vorrebbe convincerla, al di là di ogni stereotipo, che ce la può fare.
Per fortuna interviene Mr. Higgs, di ritorno dalla palestra: “Lascia stare, ‘povna, è una cosa da maschi!”. (Non a caso hanno parlato, nelle classi, per due giorni, contro gli stereotipi di genere – la faccia che strizza l’occhio è d’obbligo).
“Infatti io pensavo di comprare il rimmel, domani, e bussare al vicino con la mia richiesta” – confessa la ‘povna.
E la conversazione si chiude in una risata generale.
L’indomani mattina, a scuola – si sa che la ‘povna è narrativa, e l’occasione è ghiotta – la storia della plafoniera è di dominio pubblico. Dicono la loro l’Ingegnera Tosta, poi Scovolino (che in chat aveva latitato, viceversa), la segretaria Stronzetta. Poi nei locali dell’acquario (il front office dell’ingresso) fa capolino Esagono.
“Quante risate, che sta succedendo?”.
E si becca così in diretta la storia dal principio.
Lui subito prorompe: “‘povna, ma hai detto che erano le nove di sera?”.
“Sì, ma che differenza fa?”.
“Che era buio”.
“Ben per quello che la luce era accesa” – ribatte lei come a sottolineare l’ovvio.
“E nessuno ti ha detto che per prima cosa dovevi staccare la corrente? Qui qualcuno ti vuole male”.
La ‘povna scuote la testa, e gli concede suo malgrado che ogni tanto essere ingegneri serve. Poi anche Esagono si fa mostrare la foto dell’oggetto, dice la sua e aggiunge: “Che cosa pensi di fare?”.
La ‘povna ribadisce l’utilità del metodo rimmel. Nel frattempo ha scritto all’amministratore del condominio, che gestisce anche i tuttofare del palazzo. Si aspetta, onestamente, che lui le offra di aiutarla, o di chiamarle il tuttofare medesimo. Grande è la sua delusione quando invece le arriva, come mail di risposta: “Non si preoccupi, ho comprato a questo scopo una scala bella alta, è in cantina, quando torna da scuola, domani perché oggi sono via, le do le chiavi”.
“Ha funzionato il rimmel?” – le domandano gli Amicolleghi in chat venerdì pomeriggio.
“Macché” – commenta la ‘povna.
“Abitassi più vicino verrei io ad aiutarti” – commentano a una a una le amiche di cui c’è bisogno.
La ‘povna, intanto, si adegua alla seconda serata di cucina a lume di candela, consapevole che non le resta che attendere e sperare.
Sabato verso le 13.15, di ritorno da scuola, la ‘povna sta preparando la borsa per la piscina. L’amministratore non si è fatto vivo, e l’ufficio è spento. Invece, all’improvviso, suona il campanello.
“Eccola qua; se per lei va bene andiamo in cantina a prendere la chiave”.
La ‘povna ringrazia e segue, aiuta per benino e la scala la porta comunque lei, per il piano necessario, per far vedere che non è proprio Clarabella. Sia questo il gesto dirimente, sia la cortesia di fondo, sia il famoso rimmel (che la ‘povna ha messo per andare a scuola, ma non più del poco di sempre) qualcosa spinge l’amministratore a domandare, all’improvviso: “Non è che vorrebbe una mano per effettuare il tutto?”.
La ‘povna si gira, fa un sorrisone, e gli risponde sincera: “Se me lo chiede così…”.
Mezz’ora dopo ogni cosa in cucina è illuminata, inclusa la faccia della ‘povna. Che manda agli Amicolleghi in chat la prova della sua contentezza. “Vittoria!” – commenta sotto la foto.
“Hai seguito le mie istruzioni?” – domanda SaiMon tutto soddisfatto.
“Macché, ha fatto la gatta” – chiosa Mr. Higgs (che la sa lunga).
La ‘povna, senza nessuna remora, annuisce: “Mi sono trattenuta a stento dal chiamarlo ‘mio eroe'”.


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog