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«143. Parmi che tutti gli istorici abbino, non eccettuando alcuno, errato in questo, che hanno lasciato di scrivere molte cose che a tempo loro erano note, presupponendole come note; donde nasce che nelle istorie de' Romani, de' Greci e di tutti gli altri, si desidera oggi la notizia in molti capi; verbigrazia, delle autoritá e diversitá de' magistrati, degli ordini del governo, de' modi della milizia, della grandezza delle cittá e molte cose simili, che a' tempi di chi scrisse erano notissime, e però pretermesse da loro. Ma se avessino considerato che con la lunghezza del tempo si spengono le cittá, e si perdono le memorie delle cose, e che non per altro sono scritte le istorie che per conservarle in perpetuo, sarebbono stati piú diligenti a scriverle in modo che cosí avessi tutte le cose innanzi agli occhi chi nasce in una etá lontana, come coloro che sono stati presenti, che è proprio el fine della istoria».Francesco Guicciardini, Ricordi