Credo di aver rivisto una ottantina di volte “Amici miei”, in ognuna delle sue tre versioni originali. E’ più che naturale, quindi, che al primo accenno di “Pape Satan aleppe” il mio ricordo corra a Sassaroli vestito da diavolo, le nipoti da parte di fava e il povero pensionato Lenzi convinto di aver scoperto come poter ringiovanire…
In realtà, dietro la citazione dantesca di quel film geniale si nasconde uno dei versi più dibattuti dell’intera opera dell’Alighieri. E’ la frase, virgolettata, con cui si apre il Canto VII, dedicato ad avari, prodighi e iracondi e caratterizzato da una bellissima (e molto moderna) digressione virgiliana sul concetto di “Fortuna”.
Eppure, ciò che a molti è rimasto impresso – e non solo per la derivazione cinematografica accennata all’inizio – è proprio quel verso iniziale; è inevitabile immaginarsi trasportati indietro nel tempo quando la lettura della Commedia era pubblica, e immaginare con quale forza e quale veemenza i cantori medievali la intonassero.
I critici si sono divisi, e la parafrasi del verso non è affatto semplice. Come in un gioco di deduzione possiamo provare a ricostruirne il significato dalle terzine successive: la frase è una espressione iniziale pronunciata da Pluto, viene detta con voce carica di rabbia (“Taci, maledetto lupo! / consuma dentro te con la tua rabbia”) e Dante – non che sia una novità – rischia di avere la necessità di un paio di mutande pulite (“Non ti noccia la tua paura”).
Pluto nell’immaginario di Gustav Dorè
Da qui in poi le supposizioni si sprecano: quell’aleppe potrebbe una derivazione da alef (o aleph), la lettera “A” dell’alfabeto ebraico, con un significato simile al nostro odierno “Oddio!”, il che la trasformerebbe in una sorta di invocazione al demonio. Altri si spingono ad una interpretazione francofona medievale (una sorta di “Pape Satan allez en paix”, cioè Papa Satana andate in pace), altri ancora puntano all’arabo e traducono in “La porta di Satana. La porta di Satana. Proseguite nella discesa.”
C’è una ulteriore possibilità, ed è nettamente la mia preferita: quella che vuole che la frase in se stessa non significhi un accidenti di preciso, e sia stata vergata dall’Alighieri con una generica intenzione di suscitare timore (Satan è termine riconoscibile e decisamente forte per le orecchie di un uomo medievale) arricchendo il verso con dei vocaboli che mantenessero quell’aria minacciosa e opprimente. Una via di mezzo tra un “ta-da-da-daaaaa” beethoviano e il crescendo musicale dei film dell’orrore, quei momenti in cui comprendi che qualcosa di orribile sta per capitare.
Poi dici che non è un Genio?