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Storie di acqua – Aci e Galatea

Creato il 20 giugno 2013 da Marcella

 

Come per la leggenda di Aretusa, anche in questa storia l’acqua ha un ruolo centrale, a riprova di come in Sicilia sia stata da sempre considerata come un bene prezioso, portatrice di vita, dotata di poteri e manifestazioni particolari.

Teatro della vicenda, l’area vulcanica e costiera dell’Etna, da sempre ricca di fonti come tutto il complesso territoriale della montagna. Protagonisti di questa storia tipica della Magna Grecia: Polifemo, ciclope innamorato; Aci, giovane e aitante pastore etneo; Galatea, una delle cinquanta ninfe del mare, le Nereidi, figlie di Nereo e Doride (anche qui coinvolti nelle peripezie di un’altra delle loro sfortunate figlie).

Triangolo amoroso

Triangolo amoroso

Aci, il pastorello, è bellissimo. Galatea ne è innamorata. Polifemo è innamorato di Galatea. Ecco quindi il triangolo dell’amore che non tarda a creare guai con l’aggiunta di un tocco di distruttiva gelosia. In un suo primo tentativo Polifemo cerca di adescare la sua ninfa preferita con il suono di un flauto (simbolo evidente di lussuria), ma la cosa non riesce. La rabbia arriva immediatamente, moltiplicata poco dopo dal fatto di sorprendere Galatea e Aci insieme.

polyphemus scaglia la pietra su aci e galatea

Polifemo prende una roccia e la scaglia contro Aci, colpendolo (i ciclopi amano l’uso delle rocce come proiettili – una riprova è nell’Odissea con il bersaglio/Ulisse prescelto dai ciclopi in quell’epopea).

Il bel pastore è colpito a morte, ma Galatea in un ultimo tentativo di tenerlo in vita, trasforma il sangue del suo amato in acqua di sorgente. Aci diviene così un dio fluviale.

aci morto

Oggi, fra Aci Reale e Aci Trezza, nel paese costiero di Capo Mulini esiste ancora una sorgente chiamata dai residenti “Il sangue di Aci”, nome scelto anche per la colorazione dei depositi lungo l’affioramento della fonte.

Da sottolineare che gli affioramenti di acque dolci in questo tratto di costa orientale della provincia catanese, sono così tante che hanno punti di sbocco anche sottomarini. Basta fare il bagno tuffandosi in mare. Il dio Aci, ex pastore, fa sentire la sua presenza con spinte verso l’alto di acqua particolarmente fredda e non salata proveniente da spaccature nel fondo marino. Il tutto a pochi metri dalle scogliere e a profondità raggiungibili facilmente in apnea.

In onore di Aci, nove centri di questa parte della Sicilia orientale portano il suffisso Aci (Aci Castello, Acitrezza, Acireale, Aci Bonaccorsi, Aci Sant’Antonio, Aci Catena, Aci San Filippo, Aci Platani, Aci Santa Lucia), proprio negli stessi luoghi dove, sempre secondo leggenda, Polifemo avrebbe buttato nove parti del corpo di Aci. Anche il nome di Galatea viene citato spesso in questi luoghi, nelle denominazioni date ad alcune pizze servite nei ristoranti che si affacciano sui faraglioni di Acitrezza o di fronte al castello a picco sul mare di Aci Castello. Anche complessi residenziali di lusso, con tanto di propria scogliera marina, ne hanno adottato il nome: “Specchio di Galatea” tanto per citarne uno. Ma questa è un’altra storia.


Archiviato in:mare, storia o mito, temi di attualità Tagged: aci, acireale, acque dolci, capo mulini, catania, costa orientale, galatea, magna grecia, polifemo, polifemo ciclope

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